venerdì 21 dicembre 2012

L'ECONOMIA DEI DEBOLI

Natale - anche nella percezione di molti non credenti - è la festa dei deboli, dei diseredati, dei perdenti, oppressi dalle varie ingiurie della vita. Natale in poche parole è la festa degli “sfortunati dell'esistere”. La simbologia dei pastori, primi destinatari del lieto annunzio fatto dagli angeli (cf. Lc 2,8-20) dice per l'appunto un Natale che si fa lieta notizia per gli emarginati, nell'ambito sociale e morale (i pastori dell'ambiente giudaico non erano affatto avvolti dal romanticismo bucolico dei nostri variopinti presepi. In un ecosistema socio-religioso ove le accumulate, puritane e spesso ritorte glosse rabbiniche rendevano la fedeltà alla Legge insostenibile per il popolino, i pastori, per la loro vita randagia, non igienica e spesso dedita alla violenza, al furto, erano considerati tra la peggiore feccia d'Israele. Maledetti da Dio, senza salvezza; di certo sterminati alla venuta dell'atteso Messia giustiziere).

Non è mia intenzione mandare di traverso il panettone a nessuno, ma invitarmi (e invitare) a non espropriare questa festa della sua peculiarità più vigorosa: la speranza. E la speranza, si sa, va offerta soprattutto a chi non ha più motivi per sperare. Fa parte della logica dell'amore di Dio; quella logica di misericordia che pervade tutta la Storia Sacra. Quella logica che spinge Dio stesso a nascere uomo nella persona del figlio Gesù (quest'avvenimento - e nient'altro - ci ricorda il Natale). In Lui Dio entra nel tessuto della storia, nella povertà umana, svuotandosi, in un certo senso, dalle prerogative della Sua stessa divinità (cf. Fil 2,6-8). Viene a nascere in questo modo nella piena condivisione della normalità umana che, per un Dio onnipotente, ha valenza di estrema povertà. Povertà che condividerà fin nella morte - e morte infame (cf. ib 2,8; Gal 3,13) – per la salvezza di ognuno di noi.

Chi desidera vivere questa solenne festa (il Natale) in aderente spirito di fede (o in umana coerenza), non può escludere dalle proprie scelte di vita la condivisione con chi è nella necessità. Ma: chi è nella necessità? L'antropologia cattolica ci viene in aiuto: ognuno di noi, stringi stringi, è un necessitato. Sì: siamo - poiché umani - ontologicamente bisognosi. Non bastiamo a noi stessi. Dio ci ha fatti così. Ma non si è posto nessun problema circa questa nostra intrinseca limitatezza creaturale, visto che Egli stesso - e con immenso piacere - supplisce colmando i nostri aneli più essenziali e mai sazi ( vivere, essere amati, amare, gioire, godere...) con la sua eterna Perfezione Amante.
Ma se è vero che tutti siamo poveri, è pur vero che esistono - come ricordava la Madre Teresa di Calcutta - dei “poveri fra i poveri”. Sorelle e fratelli nostri di ogni età, che per diverse ragioni portano impresse nelle carni, nello spirito: segni, cicatrici di povertà, di dolore, di bisogni estremi.

Ma che c'entra tutto questo col titolo del post (l'economia dei deboli)? Tanto; forse tutto.

Se siamo d'accordo che le povertà più sopra espresse siano una minaccia agli essenziali aspetti dell'umano, spingendolo nel confine dell'esistenza non umana, siamo anche d'accordo che tutto, in uno Stato di Diritto che si dica moderno, debba concorrere – economia inclusa – al loro superamento.
In effetti, il “Certificato di Civiltà” di uno Stato di Diritto trova luogo proprio nella salvaguardia delle persone, avendo le più deboli come punto di riferimento. Deboli perché socialmente sfavorite; deboli per salute cagionevole, per handicap; deboli perché bambini, anziani, donne, immigrati, carcerati,...

La costante e naturale attenzione ai più deboli, per esser tale (quindi efficace) ha da toccare tutte le istanze della vita civile: dall'urbanistica (penso, per esempio, a quanto sarebbe più vivibile “per tutti” una città ideata per gli handicappati e per i bambini) ... all'economia.

Sarebbe a questo punto ingiusto non evidenziare gli enormi passi dati(in alcune parti della popolazione umana) in questo senso: nel campo medico, della legislazione sulle previdenze sociali eccetera. Ma è altrettanto doveroso e giusto fare continua autocritica per mettere in evidenza che soprattutto la filosofia del profitto, non sia così naturalmente incline verso i più deboli. L'ancestrale istinto alla legge della giungla, pur ampiamente abolito (e ne prendiamo felicemente atto) in tanti ambiti della vita civile, è in buona parte persistente - mimetizzato da altisonanti tecnici eufemismi - nei modelli finanziari vigenti. Lo vediamo nella macro-economia: vera e propria “struttura di peccato” (o, detto in termini non cristiani: di anti-vita). Padre Ellacurìa (gesuita, assassinato a San Salvador nel 1989) sottolineava come l'assetto finanziario del globo così impostato sia da considerarsi una struttura di peccato (anti-uomo) visto che per assicurare l'esuberante fatturato dei pochi, necessita far languire i molti nella miseria. La legge del più forte. La legge della giungla.

Ma, un sistema economico che escluda i molti, col tempo è votato a volgersi contro... tutti; inclusi gli stessi che in un primo momento ne sono i ristretti beneficiari. Diventa un imbuto, nel quale, un po' alla volta, tutti ci troviamo... strozzati. Qual'è la trappola ad esso (il sistema) intrinseco? La voracità egoista (su questi due aspetti, forse, tutti dovremmo fare un profondo esame di coscienza). Voracità, egoismo. Due ingredienti capaci di far collassare ogni progetto che voglia dirsi “umano”. Senza dubbio l'ambito economico è dove sono più tangibili i devastanti effetti di queste due tensioni-sorelle (voracità ed egoismo appunto) che dimorano - sempre arzille! - in ognuno di noi. Per fortuna non sono sole! Il nostro intimo è abitato da altri e altrettanto vivaci abitanti (altruismo, compassione, tenerezza, desiderio di crescere e di far crescere...) capaci di vigilare, zittire e neutralizzare (se vogliamo) le due perniciose e mai arrendevoli coinquiline.

Io non intendo di macro economie; me la cavo abbastanza nell'economia della massaia (quella che, forse, più dovrebbe essere presa in considerazione dalle macro economie). Ma sono fermamente convinto che la base di ogni sistema economico dal volto umano, si basi su un insindacabile assioma: la solidarietà: l'attenzione verso i meno protetti. Come sono convinto che un'economia di questo tipo - un economia “dal basso, che parta dai più piccoli della terra” - sia vincente, fautrice di giusto benessere... per tutti. Sì, dico bene: giusto benessere. Perché ciò che sa di sproporzione non è umano e non fa bene a nessuno: nemmeno a chi ha... sproporzionatamente.

In tempo di crisi come il nostro si nota ancor più come le finanze giochino con indifferenza verso chi è “parte debole” della società. Ed è tale (lo sappiamo) la loro influenza sui Governi che questi ultimi spesso scelgono il remissivo gioco complice. E così assistiamo a restrizioni che penalizzano ulteriormente, selvaggiamente e vigliaccamente: famiglie dove sia presente una persona bisognosa di assistenza, perché malata o handicappata (penso all'indecente comportamento del Governo italiano verso i malati di Sla); famiglie che debbano crescere i figli; anziani nelle loro ristrette pensioncine; piccole e medie imprese avviate con tanta passione e sacrifici... Altrettanto vigliaccamente non vengono toccate le scandalose spese armamentari (vedi F-35. Il Canada, l'Australia, l'Olanda e la Turchia, verbigrazia, pare abbiano rinunciato a tale acquisto); i ben noti privilegi della , tra l'altro, screditata classe politica; i grossi immobili e via dicendo.

Ma torniamo all'argomento: nella pratica, può essere vincente un'economia basata sulla solidarietà?
Sì: lo confermano tante esperienze disseminate nella storia passata e presente. Mi vien da pensare, ad esempio, a certe tribù preistoriche impostate sul principio distributivo o alle primitive comunità cristiane, che condividevano i beni per sostenere chi si trovava nel bisogno(cf. At 2,44-45; 4,32.34-35). Mi vien da pensare al Monachesimo, che convogliando la Buona Notizia in quel “ora et labora” di occidentale indole, innovò in agricoltura, architettura, farmaceutica, organizzazione civica, arte, cultura, norme igieniche... ridestando gli animi (e l'economia) delle prostrate e disorientate genti europee degli oscuri anni post Impero (Romano). Penso ai Monti di Pietà di francescana memoria, creati per facilitare liquidità alle classi più umili. Mi vien da pensare alle geniali Riduzioni gesuitiche (1610c-1767): veri e propri centri di liberazione-promozione umana, di rispettoso interscambio e reciproco arricchimento delle culture indigena-europea e di giusto benessere prodotto dal lavoro di tutti per il bene di tutti (attraverso una meticolosa attenzione alle reali necessità dei singoli). Penso ai sempre più numerosi sostenitori della saggia ed ecologica filosofia di vita conosciuta col nome di Decrescita Felice.  Penso alla Grameen bank sorta negli anni '70 in Bangladesh, dalla mente e dal cuore di Muhammad Yunus, che ha strappato tanti poveri lavoratori dalle tenaglie della fame, dagli usurai, e ha sfavorito segregazione femminile. Penso al successo del recente circuito di credito Sardex che tanta vitalità sta restituendo a molte imprese sarde sfiancate dalla crisi e dall'annichilante sistema bancario convenzionale. Penso all'economia solidale (Economia di Comunione) ideata e promossa con successo dal Movimento dei Focolari in luoghi di povertà estrema (come il Brasile), e a tante altre anonime (ma efficaci) iniziative del genere che stanno germinando in diverse parti del mondo - ma i telegiornali non si perdono in simili notiziole! - per far fronte alle necessità della gente che vive al “piano terra e scantinato”.

Un'economia “dal basso” non va confusa con elemosina, ma si coniuga con il senso più genuino (qindi concreto) della giustizia sociale. Nella Bibbia (tradotta dai Settanta) il termine greco eleemosyne (da cui elemosina) traduce il vocabolo ebraico sedaqàh: giustizia (cf. Es 22,21-24; 23,10-11; Dt 14,28-29; 24,19-22; 26,11-12). San Luca, nel suo Vangelo (particolarmente sensibile alla situazione degli ultimi, dei miseri e della condizione segregata della donna...), colloca in modo particolarmente esplicito l'elemosina nel contesto della pura giustizia sociale, inscindibile dalla prassi cristiana e umana.

Perché un'economia basata sui più deboli è proficua per tutti? In primo luogo perché contribuisce in maniera notevole alla felicità di... tutti - di chi ha e di chi non ha - in termini di appagamento emozionale e spirituale (non di sola economia vive l'uomo!” - cf. Mt 4,4; Lc 4,4) : fa bene ricevere quando si ha bisogno; fa bene sentirsi utili a chi ha bisogno. Eppoi: un bilancio che parta dagli ultimi ha una potente valenza pedagogica. Ci insegna a capitalizzare secondo una precisa scala di valori che pone la persona al primo posto. C'insegna ad “includere” e non ad “escludere” (come il sistema imperante). Ci insegna a concentrare le risorse all'interno del principio dell'essenzialità: giusto impiego aderente al giusto (e prioritario) fabbisogno. C'insegna a capire che - prendendo esempio dalle operose e comunitarie formichine - il sovrappiù va debitamente stivato, in vista di chi ne può avere bisogno (potrebbe essere ognuno di noi) e tenendo d'occhio con fare previdente anche il provento delle generazioni future (cf. *CCC, 2415) se non vogliamo che queste ultime ci stramaledicano per aver estinto follemente denari e risorse planetarie.

Si tratta dunque di cambiare stile di vita, e di molto! Perché l'attuale ci sta portando all'infelicità, o all'autodistruzione se si vuole (i due termini, nella sostanza, si equivalgono). Nel nostro caso “cambiare stile” significa: vita più sobria. Allora forse, potremmo scoprire che: risorse monetarie e risorse del pianeta bastano per tutti senza bisogno di limitare – arbitrariamente (cf. Populorum progressio, 22) – la crescita di certe Popolazioni (guarda caso quelle dei Paesi più poveri: le meno responsabili - anzi le vittime - delle occidentali rapine).

Dovremmo allora livellarci tutti al peggior stile sovchoz? No. È normale e non moralmente scorretto che ci siano persone che guadagnino, posseggano di più per molteplici oneste ragioni (come posso, verbigrazia, biasimare gli agricoltori del mio paese che, partiti dalla miseria, si sono arricchiti col proprio sacrificio?). Non è normale, quello sì, che ci siano persone che si arricchiscano abusando i beni del creato a loro uso e consumo, come se ne fossero i soli padroni (cf. Gaudium et spes, 69), che accumulino ricchezze a scapito degli altri, preventivando profitti sulle sciagure altrui (CCC, 2409).

C'è di più: la giusta e onestamente procurata ricchezza va anche sanamente goduta e condivisa. La Bibbia dice che ogni uomo deve usufruire con gioia e gratitudine dei doni del creato, messi da Dio a dipendenza della sua (dell'uomo) felicità responsabile (cf. Gn 1,26-29).

Quando si vive il lavoro - e in esso l'economia - nella suo autentico significato: l'abbellimento del creato per la gioia di tutti, oltreché da questi (il creato) procurare il giusto provento per se' e facilitare quello degli altri (non sono mai mancati, non mancano - e sono tanti - uomini e donne che lavorano con questo spirito!), si può scoprire come il lavoro sia... festa. La festa è la naturale culminazione del lavoro come più sopra inteso. Il lavoro di tutti a favore di tutti... è festa. Un'economia per tutti... è festa. La festa non è concepibile... da soli. La festa non ha successo quando gli invitati (l'umanità tutta) non sono parzialmente impossibilitati a prendervi parte.
La festa è la sana-esuberante espressione delle emozioni del cuore; quelle che si provano solo quando ci si costruisce quali persone “esistenzialmente attente” (= realizzate) ai deboli. Si fa più festa quando si ha l'accortezza a che “tutti” abbiano diritto alla festa.

Insomma: un bel maialino arrosto (annaffiato con robusto vino nero!) ha più sapore se mangiato... insieme. E chissà: se il cuore è speziato dagli intensi aromi della solidarietà, l'aromatico porchetto natalizio acquisterà ancor più... sapore.

* Catechismo della Chiesa Cattolica
                                                                                                           (Ignazio Cùncu Piano)

giovedì 20 dicembre 2012

SANTA FAUSTINA: UN'UMILE DISPENSATRICE DI PANE

 (prima parte).

A pochi metri del colonnato del Bernini(in Roma),si erge la bella chiesa di S. Spirito in Sassia. Costruita nel XII secolo sui ruderi di un ostello per pellegrini sassoni(da cui “in Sassia”),nel 1993 venne eretta - per volontà di Giovanni Paolo II - santuario (e centro di spiritualità) della Divina Misericordia. Il Santo Padre sanciva così una “richiesta molto speciale” circa un culto già esteso in tutto il mondo. La “speciale richiesta” (di riaffermare nella Chiesa la devozione al Cuore Misericordioso di Gesù) venne infatti espressa dallo stesso... Gesù, attraverso numerose apparizioni ad un'umile religiosa polacca:Faustina Kowalska(proclamata santa nel 2000). Chissà, “la Provvidenza non si smentisce mai!”, avrà pensato con gioia il Papa, visto che fu lui stesso che nel 1963, allora arcivescovo di Cracovia,sollecitò presso la S. Sede la causa di suor Faustina, mentre la Congregazione per la Dottrina della Fede riusciva ad ottenere chiarezza sugli scritti della religiosa e sul culto, adulterati dottrinalmente da mani imprudenti. Addentriamoci nella storia di questa piccola grande donna del XX secolo. Elena(nome di battesimo) nasce il 25 Agosto 1905, terza di 10 figli,nel villaggio di Glogowiec. I genitori, Maria Anna e Stanislao, lavorano i campi, ricchi solo di tanta fede. La bambina cresce allegra; ama giocare con i coetanei ed è molto sensibile ai poveri. A 9 anni riceve con gioia la Prima Comunione. Deve però lasciare la scuola per... portare le mucche al pascolo! La sua fede è viva e cosciente,segnata prematuramente da esperienze mistiche; c'è da stupirsi di tanto? Sì e no. Chi ha conoscenze di psicologia religiosa infantile, sa che i bambini e... Dio, hanno un modo tutto loro per capirsi, dei codici speciali. All'età di 8/9 anni, poi,“l'intelligenza spirituale” diventa acutissima: spesso fini quesiti teologico/morali mettono in difficoltà più di un genitore o maestra/o. Ricordo un libriccino letto anni fa su “bambini morti in concetto di santità”. Ignorare tutto ciò è una grande lacuna per un adulto, specie se educatore. Torniamo ad Elena. All'età di 14 anni, mentre inizia a lavorare come domestica,si fa più chiara la vocazione alla vita consacrata. Dopo tante avversità, desiste da quell'idea immergendosi in una vita discretamente mondana. Come scriverà poi nel suo diario, sarà Gesù stesso, quale innamorato geloso,che le parlerà al cuore(cfr. Os 2,16)riaccendendo in lei una fiamma in realtà mai spenta. Busserà alle porte di vari istituti religiosi... ma nessuno se la sente di accettare una ragazza così povera e illetterata. Nell'agosto del 1925,viene accolta nella congregazione delle suore di Nostra Signora della Misericordia: il cuore di Elena è al settimo cielo! Questa congregazione, fondata in Francia nella seconda metà del XIX secolo, si dedica all'educazione/prevenzione nonché al recupero di ragazze e donne socialmente a rischio. La Nostra inizia il noviziato col nome di suor Faustina e dopo 5 anni emette i voti perpetui. La sua vita è all'insegna della perfetta letizia, anche nei numerosi momenti “delle spine”. E' una religiosa cordiale, serena, particolarmente amata dalle educande. Appartiene al gruppo delle suore coadiutrici,addette ai lavori più pesanti della casa. Svolge i servizi di portinaia, giardiniera e cuoca in modo eloquente(le sue aiuole e fiori! I suoi dolci! La sua amorevolezza con chi bussa alla porta, soprattutto se si tratta di poveri!). Tutto, per lei, è una “scusa” per servire, amare Dio e il prossimo. Muore in fama di santità, a 33 anni appena, dopo una lunga e sofferta malattia(la tubercolosi). Ma quale l'evento che renderà Faustina protagonista e tramite di quel Buon Messaggio(il Vangelo) così antico e risaputo, ma sempre tanto nuovo e da scoprire... riproposto come unico luogo di salvezza “anche” per la travagliata umanità di fine e inizio millennio?Esiste una singolare relazione che imbeve il corso della sua esistenza e che assumerà tonalità inimmaginabili. Il suo diario ci aiuterà ad introdurci in quest'avventura interiore, da farci assaporare quella fragranza spirituale che, quale pane profumato e fresco di forno, tutti siamo chiamati a... “mangiare gratis e in abbondanza”(cfr.Is55,1-2), secondo la vocazione di ciascuno .

Tutti mangiarono e furono saziati” (Mt 14,20a)

(seconda parte).

Signore Gesù, trasformami in te, perché io sia il tuo riflesso vivente (…); desidero essere un riflesso del tuo Cuore M1,voglio glorificare la tua M. Imprimila nel mio cuore come un sigillo indelebile (…). Ho una sola ragione di essere: rendere gloria alla tua M(diario, 1937) - . Parole che mostrano l'unica ragion d'essere della nostra “venditrice di pane” e quella di ogni adoratore dello Spirito, l'alveo vitale di ogni discepola/o. Faustina ha una ragione in più, poiché il Signore le si rivela in modo sensibile e le manifesta il mistero della sua M contagiandole il desiderio di offrire la vita per la salvezza dei peccatori: i più miseri tra i miseri. Lo stesso risveglio vocazionale dopo la parentesi mondana ebbe luogo attraverso una visione di Gesù che un passo alla volta la condusse all'approdo anelato(cfr. diario).Praticamente,dal noviziato in poi, sarà un susseguirsi di dialoghi con Lui(e sua Madre): densi di delicatezze, consolazioni, propedeutici alla missione che le verrà affidata. Veniamo quindi al momento cruciale.1931: Faustina si trova nel convento di Plock, addetta al pesante lavoro della cucina e alla vendita del pane. Alla sera, mentre sta nella sua cella:- “Vidi Gesù con la veste bianca(...)dal petto uscivano due grandi raggi, rosso e bianco. Mi disse:“dipingi(fai dipingere)un quadro secondo l'immagine che vedi,con sotto la scritta: Gesù, confido in te. Desidero che venga venerato(...)nel mondo intero”(diario)-. I raggi indicano l' acqua e il sangue(cfr.Gv19,33-34;1Gv5,6-8),simboli tanto declamati da padri e dottori della chiesa. Anche se la richiesta è molto chiara,l'incertezza invade la religiosa quando il confessore tentenna. Ma Gesù incalza:-Desidero che i sacerdoti annuncino questa mia grande M(...).Non temano[i peccatori]di avvicinarsi a me(Ivi)-. Povera Faustina e... povero confessore! E' già di per se' arduo discernere un'anima che presume visioni,si aggiunga la richiesta di una nuova2 devozione! Anche le consorelle sono confuse e spesso - in buona fede alcune e con disprezzo altre - cercano di dissuaderla circa le presunte “voci”.Ma la Provvidenza sa il fatto suo:manderà uomini di spessore quali il padre Elter(gesuita)e don Michele Sopocko, per rassicurare che “è Dio che parla”. Don Sopocko(proclamato beato nel 2008) sarà dal 1933 il suo confessore. Nella sua persona si realizza la promessa[fatta da Gesù] che la Nostra tanto anelava: un presbitero santo e saggio, teologo ad oc, che sappia intuire ed interpretare. Non saranno rose nemmeno per lui condividere simile avventura, ma ne sarà all'altezza, consapevole delle spine del percorso. Detto fatto. Quando questa benedetta donna di soli 28 anni,oltre al quadro, aggiunge la pretesa[di Gesù]di stabilire la festa della divina M la prima domenica dopo Pasqua, don Michele sente che deve prender fiato! Prega, rincara l'ascesi, interpella amici teologi nonché le superiore di Faustina, alla quale chiede di sottomettersi ad una perizia psichiatrica. Richiesta dolorosa e umiliante per quei tempi, ma empiricamente utile. Non dubita tanto delle virtù della sua penitente, quanto della di lei missione, diciamo... esorbitante. Ma il dubbio in questi casi fa gioco alla Provvidenza. Il quadro viene portato a termine, e sempre sotto richiesta del Signore, verrà esposto (la 2^ domenica di Pasqua,1935) nel celeberrimo santuario di Wilno3,da secoli dedicato a Nostra Signora della M: una missione impossibile fatta realtà! E lì don Michele capisce che è tutto “troppo vero”. D'ora in poi decuplicherà lo zelo verso quella M che si riverserà quale potente refrigerio sull'imminente inferno della guerra(predetta da Faustina nel 1928)e sull'umanità tutta:proprio come Gesù promise alla sua “bambina del pane”.

Signore, nella vita potrei perdere tutto, anche la grazia; ma non perderò mai la confidenza nella tua misericordia” - (san Claudio la Colombière)

(terza parte).

Le visioni mistiche e la crescente notorietà non sposteranno di un millimetro la vita quotidiana di Faustina. Resterà sempre umile suora conversa, prodiga verso le amate consorelle ed educande. Poi c'è l'orto, il giardino, la cucina, la vendita del pane, il guardaroba. La sua personalità rimane sana, centrata, portata quindi alla gioia e a godere delle cose belle e buone. La sua anima,immersa nell'amore splendido di Dio,respira un perenne godimento anche in mezzo a desolazioni di ogni sorta. Perché allora tanta voglia di soffrire(cfr. diario)?Per AM4(cfr.2°cap.).Non si può A senza soffrire5. Arduo per noi capire. Compenetrata nella passione redentrice di Gesù,vive in funzione del “ritorno dei peccatori: i privilegia della M. E' quindi l'AM che fa perno nell'Eucaristia il centro vitale della Nostra; il resto(visioni, profezie, bilocazioni, lettura dei cuori...)è di sovrappiù. Il nucleo della vita di fede infatti(come sappiamo)è la “relazione intima con Dio”, che si dà quasi sempre senza manifestazioni speciali,è lasciarsi modellare dallo Spirito(alla luce della Parola) a immagine di Cristo secondo il Padre lo desideri in ognuno di noi: nei sacramenti, nella preghiera, nella carità quotidiana fatta di relazioni, di lavoro. C'è di più: desiderare visioni o robe simili non è cosa sana! Lo ammoniva anche la santa d'Avila alle sue consorelle. Insomma: meglio carità concreta che grilli per la testa!Ma:allora...?!?Le apparizioni-se autentiche(si pensi a Lourdes,Fatima...)-sono eventi che non aggiungono nulla al contenuto della fede che Gesù(e gli apostoli)ha depositato nella sua Chiesa, ma lo corroborano, lo ripropongono con tonalità nuove in momenti in cui la Provvidenza lo ritenga opportuno. La missione stessa di Faustina non fu novità; ricondusse con nuove forme di culto al punto focale della nostra fede: la M di Dio./ Chi ha letto il diario, avrà anche colto l'accortezza della santa nel filtrare tutto attraverso i confessori e il vescovo. Dio stesso lo richiedeva. Faustina gioisce nel sapersi Chiesa,Corpo Mistico di quello stesso Gesù col quale dialoga, nel cui seno verrà sigillato il marchio dello Spirito sulla sua missione. E' infatti nell'autorità dei vescovi in comunione col papa che Dio conferisce veridicità ad un Suo stesso speciale intervento nella storia. La saggia prudenza che porta la Chiesa a dubitare, a setacciare l'ortodossia e a volte ad osteggiare, fa da sano giocoforza, perché: se da Dio...(cfr. At 5,39)./Tra tante, speciali perle [nel diario]della nostra illetterata guardarobiera sono le esperienze mistiche. Descritte con sorprendente chiarezza, formano a tutto tondo un quadro sinottico con quelle di Teresa d'Avila, Ignazio di Loyola, Giovanni della Croce, Teresina di Lisieux. Sempre con preclara semplicità si addentra in dissertazioni teologiche degne dell'Aquinate! E' Dio che si diverte a far spaziare la sua bambina su quelle “vette” che ad altri(i teologi)son costate anni di “faticosa scalata”. Non è lo stesso papa Benedetto a ricordarci che la teologia ha senso solo se sottomessa al “realismo dei santi?6”. Anche san Tommaso ci ricosrda che la teologia è, soprattutto Sapienza, cioè: una conoscenza saporosa, frutto dell'esperienza diretta con l'amore di Dio. Il culto alla Divina M include varie forme di pietà(novena, coroncina, l'ora della passione) ma il momento culmine è la Festa, nella 2^ domenica di Pasqua. La data liturgica non è casuale, visto che Redenzione e M s'identificano nella realtà del Triunico che: “E' LA M”./ Oggi la devozione è felicemente radicata in tanti cuori, molti dei quali hanno trovato la fede suo intermedio, come testimonia di se stessa, verbigrazia, l'attrice Claudia Koll. Le devozioni, infatti, altro non sono che mezzi per maturare una fede Cristocentrica, adulta e senza fronzoli,(“salda ed essenziale”,diceva padre Vittore)vissuta con carità effettiva./ Chi vuol saperne di più su santa Faustina ed il culto al Cuore M di Gesù, può contare su un'estesa bibliografia che include il menzionato diario. La fraseologia[del diario],i termini,gli allegorismi e certi modi della santa, riflettono un po' la spiritualità dell'epoca: ma il succo c'è tutto. Buona lettura.

Alleluia! Lodate il Signore perché è buono: perché eterna è la sua Misericordia!” (Sal 135,1)

UNA VENDITRICE DI PANE... DOTTORE DELLA CHIESA? (quarta ed ultima parte)

Nel contesto del 2° Congresso mondiale della Divina M[isericordia]7, dai vescovi là presenti è partita una richiesta per il Santo Padre:attribuire a suor Faustina il titolo di “D[ottore]d[ella]C[hiesa]”. Petizione che non lascia stupito chi abbia letto il[di lei]diario. Lo straordinario riconoscimento(di DdC)viene conferito a quei/lle santi/e che arricchirono la fede del Popolo di Dio attraverso opere letterarie di notevole spessore teologico e mistico. Tra le donne figurano:Caterina da Siena,Teresa d'Avila e Teresina di Lisieux. Gli uomini sono più numerosi(!); ne cito alcuni: Atanasio, Ambrogio, Agostino, Tommaso d'Aquino, Giovanni della Croce. Come si può immaginare,generalmente si trattò di persone vocate allo studio. Ma prima di tutto donne e uomini amanti di Dio e delle Sue verità,per le/i quali la contemplazione del Mistero era da anteporre alla pur sottilissima speculazione teologica(cfr.Sap7,7b.15),considerata da loro opaco riverbero del Suo splendore (cfr. Sap7,25-27.29). Donne e uomini di luminosa e pura umiltà; come tutti i veri sapienti, del resto (cfr.Sir3,17-20). Ma torniamo alla Nostra. Una giovane suora conversa con nemmeno la terza elementare,nel firmamento dei DdC?!? La risposta, come accennato sopra, la troviamo nel diario. Rimando ai precedenti articoletti in cui ne delineai, in estrema sintesi, le caratteristiche. Analizziamone alcune che ne giustificherebbero il “dottorato”.Non ha dimestichezza di penna, ma il suo stile è chiaro e trasparente,accessibile a tutti.Inizia a redigere il diario (1934) quasi controvoglia8, per obbedienza al padre spirituale. In effetti è Gesù stesso che lo richiede,nominandola amorevolmente: “Mia carissima segretaria(…)segretaria della mia M(Diario)”. Cosciente di ciò,Faustina, con la tipica fiducia dei santi, immerge mente, cuore e... penna nei calamai dello Spirito:“Pregai brevemente lo Spirito Santo, poi dissi:“Gesù,benedici questa penna,affinché tutto(...)sia a gloria di Dio”. E subito udii una voce:“Sì, la benedico poiché(...)molte anime ne riceveranno vantaggio. Figlia mia, voglio che tutti i momenti liberi li impieghi a scrivere sulla(...)M(Diario)”. Vi lavorerà nei ritagli di tempo libero, fino alla morte. Il contenuto è in totale armonia colla Fede della Chiesa. Se vogliamo, l'originalità di questi scritti consiste nell'intreccio spontaneo tra esperienze di vita ordinaria, riflessioni teologiche e trasfiguranti estasi mistiche. Poi c'è l'aspetto, a mio avviso, “omologante”: la fedele trascrizione dei dialoghi con Gesù e la Madonna, avvenuti attraverso apparizioni o mozioni dell'anima. La massiccia diffusione della devozione e le innumerevoli conversioni, dicono la straordinaria efficacia dell'opera di quest'umile e illetterata venditrice di pane. Quasi scontato ribadire il ruolo decisivo di papa Giovanni Paolo nella meravigliosa avventura. Non sarà mai di troppo, invece, precisare l'unica ragione degli scritti:“la M che è Dio stesso in Cristo Gesù, Volto della tenerezza del Padre, Principio e Culmine di tutto, nostra gioia, dolce rifugio dei peccatori. Paradossalmente, infatti, è nel perdono dei peccati che viviamo l'esperienza fondante di M, la ricostruzione ontologica della persona, il ritorno alla vita vera e buona. Rimane un quesito in sospeso: Faustina mai realizzò studi di teologia. Allora? Anche qui rimando all'anteriore capitoletto: il Signore fa uso della Sua onnipotenza (cfr. Lc1,37) nel modo più appropriato con ciascuno dei suoi figli, per il bene di tutti. Con Faustina Si diletta nel comunicarle in soli pochi attimi di osmosi mistiche, sublimi realtà teologiche. Qualche analogia con un'altra giovane donna: Caterina da Siena. Il suo “Dialogo della Divina Provvidenza” (il magistrale trattato da lei dettato) inebriò a tal punto la finissima sensibilità spirituale di papa Paolo VI, il quale non esitò a proclamarla DdC. Tutto ciò non sminuisce lo sforzo investigativo degli altri[DdC]: semplicemente sentieri diversi convergenti alla medesima Vetta. Allora:riceverà la Nostra il meritato titolo? Le credenziali ci sono; la Chiesa dirà. Nel frattempo ci rallegra la certezza che in Cielo, la candidata, ha già ricevuto il suo... diploma.

Solo nella nostra debolezza siamo vulnerabili alla M di Dio (...). Dimorare nella debolezza: ecco l'unica via per entrare nella grazia e per diventare un miracolo della M” (André Louf)


1Misericordioso, misericordia;
2In realtà la devozione esisteva già, ma con meno enfasi;
3oggi Vilnius, capitale della Lituania;
4AM: amore misericordioso; A: amore; M: misericordioso, misericordia...;
5Benedetto XVI, omelia per l'apertura dell'Anno Paolino;
6J. Ratzinger, Guardare Cristo, Jaka Book, 1989, p.28;
7Svolto a Cracovia, tra fine settembre e inizio ottobre 2011;
8Tipica rluttanza dei santi, frutto dell'umiltà.