sabato 28 settembre 2013

SARÀ GENOCIDIO?! (le basi militari in Sardegna)


Accusare una persona, un popolo o un governo di genocidio è una cosa grossa. Prima di lanciare quest'enorme macigno c'è da pensarci bene; soprattutto bisogna avere “ prove fondate”. Quali, per esempio? Quelle che la storia ci ha offerto più volte con macabra coerenza, insegnandoci ad inquadrare quest'abominevole azione nell'ambito di principi propri, scostanti dalle pur ripudiabili guerre (convenzionalmente intese) o da altre forme di attentato alla vita umana.

Dopo l'agghiacciante esperienza della Shoah (simbolo di tutti i genocidi), le Nazioni Unite si sono sentite in dovere di classificare gli aspetti specifici del genocidio: per poterlo individuare senza ambiguità, prevenirlo, o per lo meno sanzionarlo. Nel 1948, si approvò la seguente definizione:

Per Genocidio s'intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale: uccisione dei membri del gruppo; lesioni gravi all'integrità fisica dei membri del gruppo; il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; misure miranti a impedire nascite all'interno del gruppo; trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro”.

Pur trattandosi - secondo molti - di una definizione incompleta (ci sarebbe da aggiungere, ad esempio: la discriminante culturale, politica, economica), il concetto base è chiaro.

Il genocidio reca in se' un'efferatezza elaborata in modo quasi-scientifico; una specie di sterminio da laboratorio, ora palese ora occulto, a seconda delle convenienze di chi lo metta in atto.

Nel presente storico abbiamo acquisito una discreta intelligibilità circa il genocidio manifesto. Non così per quello indiretto, occulto, propinato in piccole-camuffate dosi (più difficile da decifrare).

Alcuni - con ragione - definiscono le morti per gli abusivi rifiuti (tossici) nella Campania, come "genocidio indiretto", visti gli effetti che quest'azione criminale sta innescando in quelle Popolazioni. Come non essere d'accordo? Chi commette azioni di tale portata, consapevole ma incurante degli effetti, provoca genocidio. Perpetrato da chi, in questo caso?  Dalle Mafie e da uno Stato connivente, che fa il finto tonto di fronte a tale delitto a cielo aperto!

Mi chiedo: se per assurdo il 70% dei Campani, nel giro di 20 anni lasciasse la propria regione per sfuggire a quest'immane tragedia, staremmo parlando ugualmente di genocidio? Forse sì. E ancora: a chi farebbe comodo tale ipotizzato esodo? Nell'immediato: ad alcuni. A lungo termine: a nessuno. Un genocidio è sempre una traumatica amputazione per l'Umanità, una perdita senza ritorno.

L'episodio campano mi richiama un quesito analogo: le operazioni che da più di 50 anni si svolgono, sotto Segreto di Stato, nei famigerati Poligoni Militari della Sardegna, sono in linea con la pratica del genocidio indiretto con complicità  di Stato? Anche in questo caso i fatti direbbero di sì.

Abbiamo uno Stato truffaldino, lo sappiamo (vedi caso Ilva, p. esempio) e ne siamo più o meno - sig! - assuefatti; mi riesce però difficile immaginare uno Stato che premediti l'eliminazione (per morte e per esodo) delle popolazioni limitrofe a quei Poligoni. Eppure il genocidio è in atto. Tutto ciò fa sospettare che in certi casi  - come il nostro? -  la linea di demarcazione tra certi addestramenti di guerra e i... crimini di guerra, non sia poi così netta.

Alcuni affermano che bisogna andar cauti prima di sbilanciarsi in simili sospetti. E a che pro? A che pro tanta cautela, quando nei villaggi adiacenti al Poligono Interforze di Quirra i giovani muoiono, gli aborti spontanei sono frequenti, bambini e animali nascono malformati, la gente ha paura, talvolta è minacciata (da chi?), alcuni pensano di andare a vivere altrove, un Magistrato ha svelato le cause di tanto disastro? A che pro tanta cautela quando sappiamo che in quelle aree non si testano macchine agricole, ma prodotti mortali per antonomasia? A che pro tanta cautela quando sappiamo che su quel suolo stuprato si paga il prezzo di un ciclopico giro di affari - quello delle armi - protagonizzato (con la ben remunerata - e al contempo inerme - complicità dei Governi) da potenti Multinazionali?

E dal Governo Italiano... quale risposta? Lamentevole. Bugiarda, fredda, quasi-cinica: “cumment'e chi mmai!” (come se niente fosse!), si dice in lingua sarda. La superbia di chi si sente padrone e signore di un servaggio da disporre a proprio piacimento, senza dover rendere conto a nessuno.

In questa torbida vicenda rimane ancora qualche barriera da superare: la persistente omertà di una parte della popolazione, ancora illusa circa i benefici tratti da quelle Basi. Ma la presa di coscienza cresce; forse non con la dovuta rapidità, ma cresce. Sono sempre più numerosi coloro che con dignitosa indignazione affermano che “tre posti di lavoro scarsamente remunerati e la vendita di qualche chilo di arance” non possono valere la malattia e morte di tante persone, il dolore delle famiglie; in definitiva: la distruzione di un intero territorio, di un completo ecosistema e della propria... Carne (la gente che vi abita).

I gravissimi fatti cui sopra, in un tessuto sociale e politico retto dal Diritto a tutto tondo, confluirebbero nella crisi di Stato, nell'implosione di Governo, nelle dimissioni di massa di chi è direttamente coinvolto, nell'incriminazione di molti, nello scandalo internazionale. Niente di tutto ciò è accaduto.

                                                                                                 Ignazio Cuncu Piano.

lunedì 16 settembre 2013

UN PELLEGRINO AL SANTUARIO DELLA MADONNA DI BONARIA


Il 22 settembre prossimo, il Papa andrà a Cagliari, in pellegrinaggio al santuario “de Nosta Sennòra de Bonaria, Reìna e Abogada soberana de tottu sa Sardinnia” (di Nostra Signora di Bonaria, Regina e Protettrice suprema di tutta la Sardegna). Lo stesso Papa ha spiegato il motivo di questo pellegrinaggio mariano.
Nell'Isola fremono i preparativi, ricchi di mille dettagli. In effetti, come non disporre un'accoglienza ben preparata, di fronte a così felice circostanza?

La comprensibile festosità non dimentichi però il motivo midollare del gesto del Pontefice: il pellegrinaggio. Il Papa viene... pellegrino.

Il pellegrinaggio religioso è una pratica millenaria, non esclusiva del cristianesimo; addirittura anteriore ad esso. Penso - giusto per stare in casa - ai Popoli della Civiltà Nuragica e ai loro pellegrinaggi verso i santuari campestri. Su quegli stessi tracciati, la religione cristiana erigerà, millenni appresso, molti dei propri santuari e annessi (is Cumbessìas o Muristènes): meta di quei pellegrinaggi e feste tutt'ora esistenti in tutto il nostro territorio.

Nella visione biblica, poi sviluppata dai Padri e dalla Tradizione (della Chiesa) fino a noi, la vita stessa è considerata un pellegrinare verso la pienezza del Regno (la pienezza della vita in Cristo).

Il significato cristiano di “pellegrinaggio” è indissociabile da un altro (significato): essenzialità”. Il pellegrino è per sua natura parco, porta con se' l'essenziale: sia perché ogni sovrappiù appesantirebbe il suo procedere (chi è appassionato di montagna può ben capire), sia perché i beni di questo mondo (ricchezze, prestigio, ...) son per lui poca cosa rispetto alla meta perseguita. Pellegrino è colui che non accampa diritti in questo mondo: sceglie di camminare, tra la precarietà solitaria della campagna, straniero alla città (simbolo di comfort a portata di mano e di futili protagonismi), verso una meta da lui considerata vitale.

Insomma: pellegrinare è un camminare leggeri da ogni peso inutile “con-in-verso Cristo”: unico Principio, Fondamento e Meta di ogni donna e di ogni uomo.

Tale visione esistenziale cristiana nel corso dei secoli ha plasmato gesti simbolici, quindi concreti, quali i pellegrinaggi a luoghi rappresentativi come: Terra Santa, Roma, santuari dedicati direttamente al Signore (Divina Misericordia, Sacro Cuore, ...), alla Madonna (Guadalupe, Fatima, ...) o ai Santi (Santiago de Compostela, Cascia, ...) . Queste ultime due categorie (di santuari), rispondono ai culti di iper-dulia (devozione speciale per Maria) e di dulia (devozione per i Santi), che sono, nella fede cattolica, sempre ordinati al culto di latria: adorazione rivolta solo a Dio (la devozione alla Madonna e ai Santi, assume efficacia in noi, non solo quando ci limitiamo a chiedere una pur legittima intercessione per qualche grazia, ma quando - e soprattutto - facciamo nostra la loro vita piena, realizzata nell'amore misericordioso, in Dio, all'uomo).

Anche il Papa è cresciuto in una tradizione di pellegrinaggi. Nell'estesa Provincia di Buenos Aires (da non confondere con la città di Buenos Aires) si erge il maestoso santuario della Madonna di Lujàn. A questo tempio, ogni primo sabato di ottobre, accorrono più di un milione di pellegrini, i quali, partendo soprattutto dalla Capitale Federale (così gli Argentini chiamano la città di Buenos Aires), percorrono a piedi poco meno di 70 km durante tutta la notte, formando un interminabile fiume umano che in ragion di devozione e di... spazio, mescola fisicamente tutte le classi sociali (evento di non poco rilievo in America Latina), unanimemente protese - almeno per quella notte - verso la stessa meta.

Sarà con lo spirito del pellegrino, quindi, che il Papa andrà al Santuario di Bonaria. Sarà con lo spirito del pellegrino che bisognerà accoglierlo: nella preghiera e in semplicità. Spendere e spandere in artifici tradirebbe lo spirito di questa visita e oltraggerebbe chi nell'Isola (e nel mondo) soffre la privazione dell'essenziale.

La sobrietà, del resto, non annulla i colori della festa - che ci dev'essere - ; anzi, ne risalta i sani aspetti emotivi, vitali. La festa infatti è la vita stessa del pellegrino, il suo camminare. Il camminare del pellegrino si fonda sulla speranza; quella speranza che nella fede coincide con la certezza. La certezza di possedere già ora ciò che, alla meta del pellegrinare, si gusterà in pienezza: Gesù, lo splendore della sua gioia per e in ognuno di noi, per sempre.

                                                                                                  Ignazio Cuncu Piano.