martedì 11 luglio 2017

DODDORE "BONU ENTU"

L'epilogo della battaglia di Doddore è stato straziante, terribile. Terribile la sua sofferenza. Terribile la sofferenza dei familiari. Terribile l'azione della magistratura.

Io non condivido lo sciopero della fame; ancor meno quello estremo di Doddore. Non condivisi nemmeno - tranne qualche aspetto - il suo modo di fare indipendentismo.

Ma sento rispetto verso la sua buona fede, il suo agire alla luce del sole assumendo le proprie responsabilità, pagando di persona, aderendo ai propri ideali sino alla fine, immolandosi per una causa da lui ritenuta giusta per il bene del popolo sardo.

Sulla sua morte si aprirà un'inchiesta-farsa, ipocrita. Infatti chi non adempié – lo Stato – sa già che non adempié e ne sa già i perché.

Bisogna riconoscere che nemmeno per lo Stato è facile salvare la vita di chi scelga con determinazione un atto proteso al declino totale. Doddore ha fatto questa scelta consapevolmente, mettendo in conto la possibilità d'inoltrarsi fino all'estremo-tragico epilogo. Quindi, in coscienza, non si può affermare che lo Stato italiano abbia provocato direttamente la morte di Doddore. In termini più espliciti: è da escludere a priori che lo Stato italiano abbia ucciso Doddore Meloni.

Tuttavia le responsabilità dello Stato in questa vicenda sono gravissime.

Perché lo Stato – ne va della sua ragion d'essere quindi della sua credibilità – deve provare di tutto per difendere i cittadini... anche da se stessi. Ebbene: lo Stato per salvare Doddore non ha mosso un dito. E dà l'impressione che quel dito, lo Stato, non l'abbia mosso volutamente: permettendo - ma come si fa? - che la salute del paziente, per di più persona anziana, arrivasse al limite; ignorando - lo Stato - il grido di tanti che chiedevano alla magistratura immediati/adeguati provvedimenti o tentativi come chiamar si vogliano. E' odioso pensarlo, ma dà l'impressione che l'autorità costituita si sia abbassata ad un adolescenziale braccio di ferro con Doddore: "Vuoi sfidarci? Vuoi piegarci con gesti eclatanti? Non ci faremo intenerire! Vuoi fare l'eroe rischiando la vita? Va bene... muori pure!

In coscienza non può sentirsi del tutto innocente chi riconosca di non aver perlomeno provato tutte le strade a sua disposizione. Non credo che lo Stato in questo senso possa sentirsi tranquillo nei confronti di questo cittadino.

Ammetto che la vigente legge sullo sciopero della fame, impone un discernimento non facile circa la linea di demarcazione tra "intervento dell'autorità giudiziaria e scelta cosciente dello scioperante", in quanto, tra altre cose, si esclude l'alimentazione forzata. Ma nel caso di Doddore c'è un aspetto che smonta il dubbio in radice: l'avvocato di Doddore affermò che il suo assistito non avrebbe mai rifiutato l'alimentazione passiva. In altri terini: se lo Stato avesse deciso di alimentarlo, lui avrebbe lasciato fare, non si sarebbe opposto; quindi: se l'autorità giudiziaria avesse deciso di alimentarlo, non si sarebbe trattato di "alimentazione forzata".

Chiarisco a questo punto che non sono d'accordo con la vigente legge. Perché? Perché lo Stato può agire solo per favorire e salvare la vita del cittadino che compia pubblicamente  azioni protese alla propria o all'altrui morte. In altri termini: lo Stato è tenuto anche all'alimentazione forzata quando sia necessario. Lo Stato non può permettere che un cittadino decida un'azione pubblica usque ad mortem. Come reagirebbe una pattuglia di polizia o di carabinieri se vedesse un manifestante cospargersi di benzina in piazza o in strada... o se qualcuno si buttasse al fiume... o se qualcuno minacciasse di buttarsi dal 10° piano? Come si agirebbe se un suicida si sparasse alla tempia rimanendo gravemente ferito? Lo si lascerebbe morire dissanguato per rispettarne la scelta? Non c'è dubbio che in tutti questi casi l'intervento della forza pubblica sarebbe immediato. Perché per lo sciopero della fame no?

Altra cosa è quando il cittadino decida la propria morte in privato, in sereto, senza che lo Stato e persona alcuna possano accorgersi e quindi intervenire. 

È forte il sospetto che questo fatto in apparenza solo giudiziario abbia sforato nel “politico”. Doddore, più in là delle apparenti folkloriche-stravaganze, era un indipendentista intelligente, fine nell'analisi sulle terriibili ingiustizie e scempi che lo Stato italiano commette e permette in Sardegna... fine nel cogliere i dettagli di certe irregolarità giudiziarie nei suoi confronti... fine nell'argomentare con padronanza di contenuti al punto da mettere in difficoltà gli interlocutori dello Stato. Doddore era anche essenzialmente chiaro nellla descrizione dei fondamenti antropologici/culturali/storici/politici/economici dell'indipendenza del popolo sardo. Insomma: non era un troglodita della "indipendentzia e bo'!".  Tutt'altro.

Tutto ciò, per lo Stato, deve aver significato un doppio imbarazzo: competere con un indipendentista, per di più sorretto da argomentazioni poco confutabili. E, lo sappiamo, quando il più forte - in questo caso lo Stato - non regge al dialogo, facilmente passa all'azione prepotente e pretestuosa.

Chiaramente le mie sono ipotesi tutte da provare. Ma è l'oculata visione sinottica dei gesti della magistratura che mi porta a sospettare.  Durante i giorni dello sciopero della fame, ma anche nei mesi previ, tali gesti hanno ostentato un simbolismo marcatamente sarcastico, a mo' di metamessaggio nei confronti di Doddore e - chissà! - indirettamente nei confronti del popolo sardo: a monito!

Come si potrebbe definire cotanta tracotanza dello Stato? Un terribile e preoccupante affronto allo stato di diritto. A quella Rechtsstaat che decanta, nelle sue accezioni primordiali-fondanti, la salvaguardia e il rispetto dei diritti di ogni cittadino: compreso il diritto di essere salvato da se stesso; compreso il diritto a dissentire ed essere per lo meno ascoltato nel suo dissenso.

Ma forse non c'è bisogno di scomodare lo stato di diritto: è sufficiente il buon senso per capire che il dovere del magistrato è in primis salvare la vita del cittadino, al di sopra di ogni protocollo. Fatto ciò: nessun problema a continuare il contenzioso legale coll'arrestato, sia di chi sia la ragione. Con Doddore non è stato così. Perché tanta cautela verso i grandi-corrotti-evasori-ladri di tesoro pubblico (spesso trattasi di vistosi-incistati esponenti dello stesso apparato statale), e con Doddore tanta inflessibilità?

Lo stesso Stato ha debiti non onorati con tanti enti privati; ma non mi risulta che si stia auto-castigando con rigore! Lo stesso Stato ha dei debiti enormi con la Sardegna: fiscali, ambientali... debiti di onestà.

Sia chiaro: il peccato degli altri, seppur maggiore, non giustifica il mio; ma fa rabbia quando il vigente andazzo giudiziario traspone palesemente le proporzioni punitive.

Non discuto le azioni penali sulle inadempienze fiscali di Doddore. In fondo nemmeno Doddore le mise in discussione. Tant'è che si costituì volontariamente. I motivi delle sue inadempienze fiscali, lo sappiamo, erano posti altrove: il rifiuto della sovranità dello Stato italiano in Sardegna. Possiamo non approvare il “metodo-Doddore”, ma una cosa è chiara: fu persona onesta. Provocatrice forse, sfidante in alcuni casi, ma persona con fondamento nobile.


Lo Stato aveva il dovere di considerare queste varianti. Non l'ha fatto; si è scagliato sull'uomo con severità plateale, insensibile, carnevalesca (penso alla spettacolarità del suo arresto-farsa: arrestare un uomo che sta andando a costituirsi !).

Mi vengono in mente, salvando ovvie distanze, le feroci strategie del regime sabaudo verso i patrioti sardi dell'epoca... affinché a nessun altro venga in mente lo stesso...!

Preoccupa assai uno Stato despota con i “non pericolosi” e remissivo con i... pericolosi.

Quando finalmente nelle scuole sarde si studierà storia sarda, l'epilogo di Doddore non potrà non esserci.

“Riposa in pace Doddore: accolga il tuo corpo l'amato suolo sardo e avvolga la tua anima la carezzevole tenerezza di Dio”

                                                                         Ignazio Cuncu Piano.