sabato 20 giugno 2015

ECONOMIA DI COMUNIONE

Esistono angoli di mondo - in Brasile, Kenya, Messico, Argentina, Filippine, Belgio, Portogallo, Croazia, Germania, Italia, Svizzera, Korea e USA - dove la crisi economica... non c'è. O perlomeno non è vissuta con l'ossessivo patema del “si salvi chi può!”, ma come preziosa “opportunità” (questo, in effetti, il significato di “crisi”) per imparare a salvarsi insieme, preoccupandosi ognuno dei bisogni dell'altro (l'esatto contrario dell'imperante logica di mercato). Paradossalmente, gran parte dei protagonisti di questa felice esperienza appartengono alle fasce più deboli dell'Umanità. La loro ricetta si chiama: Economia di Comunione (d'ora in poi: Edc). L'Edc è una prassi permeata dalla logica del Vangelo: quella del dare, del condividere. Una prassi supportata da un folto numero di economisti, imprenditori e operai. Una prassi ben collaudata, visto che laddove è in atto incrementa voglia di vivere e dignitoso benessere economico. Una prassi da alcuni definita come: “L'esempio più chiaro di economia civile” (Stefano Zamagni). Entriamo un po' nei dettagli. L'Edc sorge dall'intuizione di una geniale santa del nostro tempo: Chiara Lubich (+ 2008), fondatrice del Movimento dei Focolari. Nel 1991, Chiara visita Sao Paulo, città dove uno sguardo sinottico può cogliere un devastante divario sociale: moderni grattacieli quasi contigui a infinite baraccopoli. Davanti a tale scenario la compassione di Chiara non muore nel lasso di un'emozione, ma si trasforma in un progetto economico:“ Ispirato dalla cultura del dare, il cui scopo è mostrare un brano di umanità senza più nessun indigente” (L. Bruni, Che cos'è l'Edc?, Intervento per l'inaugurazione del polo Bonfanti, Loppiano, 2006). Così, con l'aiuto di persone di buona volontà (in gran parte impresari sfiancati dal servaggio verso un profitto fine a se stesso) si dà inizio ad un'esperienza imprenditoriale basata sull'integrazione lavorativa/sociale delle persone emarginate. In che modo? Attraverso tre azioni sinergiche finanziate dalla tripartizioni degli stessi utili aziendali. In pratica, la prima parte degli utili:“ Resta reinvestita nell'impresa perché questa possa svilupparsi, creare ricchezza e nuovi posti di lavoro” (ib.). La seconda parte viene utilizzata per creare centri di formazione a favore delle comunità che ruotano attorno agli ambiti di lavoro; un vero e proprio investimento in cultura, indispensabile per rimuovere le reali cause dell'indigenza. La terza parte degli utili è impiegata per fronteggiare le situazioni di emergenza di quei membri che vivono in gravi situazioni di miseria, cercando poi, un po' alla volta, di integrarli nella seconda e prima fase del progetto. L'obiettivo ad ampio raggio va oltre la mera soluzione occupazionale; è proteso - niente meno - a trasformare il dramma degli ultimi nell'alveo generativo di una cultura economica altra: simbolo di una nuova Umanità, dove il servizio alla dignità di tutti sia l'unico fine dell'agire finanziario. Pur nella sua originalità, l'Edc si nutre delle feconde espressioni economiche fruite dalla storia del cristianesimo (quelle delle prime comunità cristiane, del Monachesimo, dei Monti di Pietà, delle Congregazioni religiose, delle Riduzioni americane, dei grandi santi della carità, delle opere missionarie, delle encicliche sociali, delle cooperative trentine) sempre sostenute da un'umanizzante empatia verso le popolazioni affrante da soprusi, fame, ignoranza e disperazione. Oggi le aziende che (nel mondo) aderiscono al progetto “Edc” sono più di 860, alle quali se ne sommano: “Oltre130 definite simpatizzanti” (Wikipedia). Tutte sono in fraterna relazione fra loro: per far osmosi della creatività e competenza di tutti, per sostenersi nei momenti difficili, per incoraggiare e accompagnare nuovi inizi in altri siti. In chiusura vorrei far menzione di altre economie alternative, che in diverse parti del mondo stanno generando un rigoglioso “sottobosco impresariale dei poveri”, dove persone escluse dal sistema dominante, ritrovano protagonismo, autostima e... fatturato. Penso, per esempio, alla Grameen Bank, ai microcrediti in Africa e America Latina, ai 17 circuiti di moneta complementare del Belgio, al circuito Sardex, alla sterlina ecologica di Brixton, alla Banca Wir, ai circuiti alternativi in Spagna, al LETS, alle Ithaca Hours. Fanno bene queste notizie, vero? Peccato che i media ufficiali le divulghino raramente!
                                                                                                                
                                                                                                                      Ignazio Cuncu Piano