Mercoledì
scorso, circa 600 operai hanno manifestato a Roma: “Perché la
ThyssenKrupp vuole licenziare 537 dipendenti delle acciaierie di
Terni” (Il Fatto Quotidiano, 29 ottobre, 2014). Una protesta più che
legittima. Legittima pure la rabbia degli operai,
alimentata dalla snervante incertezza sull'immediato futuro
lavorativo, sulla vivenza delle proprie famiglie.
Non è esagerato affermare che in un certo senso questi operai, intrappolati nell'attuale momento storico, stiano
vivendo la tipica preoccupazione del povero, ossia la
non gradevole tensione del “vivere alla giornata”,
senza la certezza del domani (inteso come: giorno successivo).
Alla
manifestazione, chiaramente, erano presenti le forze dell'ordine, per
garantire dovuta contenzione. Spesso in circostanze come queste,
soprattutto quando la pazienza di chi protesta è al limite
(per i motivi più sopra sintetizzati), s'innestano azioni che vanno
oltre; e la polizia è giocoforza costretta ad intervenire in
modo proporzionato o sproporzionato talvolta.
Anche
mercoledì scorso pare sia accaduto qualcosa di simile.
La reazioni
dei sindacati e del Parlamento è stata di sdegno contro le
esagerazioni degli uomini in divisa, di dolore e solidarietà verso i
manifestanti malmenati. Mah!! Il "mah" - mi preme chiarire - non è rivolto ai feriti (operai, agenti), ma ai sindacati e al Parlamento.
Non rientra infatti
nelle mie intenzioni trattare sull'eventuale
responsabilità della polizia, degli operai, ne' prendere le difese di
questi o quelli. E per sventare dubbi: ho partecipato anch'io a manifestazioni di popolo in luoghi (non in Italia) ove la polizia è ancora
strutturalmete violenta, ufficiosamente autorizzata a reprimere fino alle più
estreme conseguenze.
In questa
riflessione vorrei semplicemente sottolineare un altro aspetto del dramma in questione,
quello più preoccupante a mio avviso: l'enorme ipocrisia di politicanti
inetti, capaci di stracciarsi le vesti - con ridicola e mal mimata
fermezza – solo e solamente per eventuali abusi delle forze di polizia, riducendo un dramma
così profondo e complesso (quello
della classe operaia ormai in via di estinzione!), al solo
gesto di un gruppo di altri figli del popolo (gli agenti) che svolgono un lavoro mal pagato in proporzione ai rischi in esso implicati.
Ci vuole una buona dose di meschinità, non c'è che dire! Meschinità sotto la quale si cela la trilogia del: non so, non posso, non voglio. Abbiamo infatti una classe politica che non sa fare, perché composta in ampia parte da individui giunti alla seggiola più per faccia tosta e accozzi che per capacità. Abbiamo una classe politica che non può fare, perché asservita ai diktat delle eminenze grigie che pilotano le nefaste leggi dell'economia (e della politica). Abbiamo una classe politica che non vuol fare, per evitare di essere punita severamente dalle grigie eminenze del mercato e per non perdere quei contentini (privilegi) concessi da queste ultime, a patto che se ne stia a cuccia e inerte!
Questa è la
ciurma che si permette di sentenziare dall'alto (chi si guadagna il pane stando in prima linea) e di esprimere patetiche solidarietà, mantenendo però
dovuta distanza da piazze e strade: unici luoghi dove sempre più
persone son ridotte ad esprimere il loro disagio. Perché – vale la
pena ribadirlo – nelle piazze e nelle strade i veri responsabili di
certe derive, non ci sono mai. Una pusillanime assenza che dà vita ad uno dei più tristi paradossi sociali: la rabbia degenera in una guerra tra poveri: operai
e agenti delle forze dell'ordine, per esempio. Cosicché questi ultimi (in gran parte
giovani) diventano, in un certo senso, il volto colpevole di
defezioni altrui.
È doveroso - per quanto difficile al momento dei fatti - non cadere in questo nefasto paradosso, che ha come unico risultato l'affievolimento della coesione sociale: humus necessario per far fronte civilmente e democraticamente alle sottili ma potenziate violenze perpetrate da ben altri ambiti.
È doveroso - per quanto difficile al momento dei fatti - non cadere in questo nefasto paradosso, che ha come unico risultato l'affievolimento della coesione sociale: humus necessario per far fronte civilmente e democraticamente alle sottili ma potenziate violenze perpetrate da ben altri ambiti.
Persino Pier
Paolo Pasolini, commentando le cruente manifesazioni degli anni '60/
'70, ebbe la lucidezza e l'onestà di dichiarare come i (peraltro non
teneri) celerini non fossero minimamente la parte da avversare,
perché figli delle classi sociali più affamate: uomini che riuscirono forse a migliorare il salario un po' più dei propri padri; ma al prezzo di un lavoro altamente
rischioso.
Quanto detto
finora, ovviamente, non vuole eludere responsabilità oggettive -
quando ve ne siano - da parte di manifestanti e forze
dell'ordine.
Nemmeno desidero mettere nello stesso mazzo tutti i politici. Ci sono tanti uomini e donne che onorano il nobile servizim alla polis con impegno, onestà, diligenza e sensibilità.
Nemmeno desidero mettere nello stesso mazzo tutti i politici. Ci sono tanti uomini e donne che onorano il nobile servizim alla polis con impegno, onestà, diligenza e sensibilità.
Ed ora una
proposta salutare per sedicenti servitori dello Stato!
Durante una
prossima manifestazione di operai con nervi a pezzi per ovvie
ragioni, cari politici al servizio dei cittadini, non mandate i ragazzi delle
forze dell'ordine. Sono troppo giovani: possono innervosirsi quindi
commettere imprudenze. Andateci voi! Posizionatevi di fronte ai
manifestanti. Dialogate con loro: viso a viso. Spiegate cosa
realmente potete e non potete fare circa i drammi che li tormentano.
Insomma: fate opera di contenzione, rassenerateli. Di certo saprete
offrire parole persuasive, più di poliziotti, carabinieri e
finanzieri.
Fate
quest'esperienza, almeno per una volta! Eppoi ne riparliamo.
Ignazio Cuncu Piano
Ignazio Cuncu Piano