sabato 12 gennaio 2013

UN PLANTARE ANATOMICO "PO IS PEIS NOSTUS"

UN PLANTARE ANATOMICO "PO IS PEIS NOSTUS" (per i nostri piedi).

(i partiti italiani in Sardegna)

PROEMIO.

Le seguenti righe, pur prendendo spunto dalle imminenti votazioni, non racchiudono nessuna velata intenzione di propaganda elettorale. Pretesa non perseguibile, tra l'altro, per la caratteristica delle elezioni in corso.
Si tratta invece di una riflessione circa un processo a lungo termine. Un processo che va ben oltre il voto considerato come atto meramente circoscritto (limitato) dalle modalità attuali. Un processo che si traduce con la seguente presa di coscienza: il nostro presente e futuro sarà trasformato e migliorato soltanto dalla decisione tesa ad intraprendere - noi, e non gli altri per noi - un cammino all'insegna dell'alterità. In definitiva: dalla capacità di pensare e fare politica (cioè cose buone per noi e per gli altri) sganciandoci dagli appesantiti e poco efficaci (quando non dannosi) modelli vigenti. Si può? Si può.

RIFLESSIONE DI UN COMUNE CITTADINO SUI PARTITI ITALIANI IN SARDEGNA.

Un mio “amico di escursioni montane” fa uso di plantari anatomici. Vista la comune passione, ogni tanto discorriamo di scarponi, calzettoni, plantari e robe varie. Una volta, accompagnatolo ad un centro ortopedico, potei osservare come la prima fase per un plantare personalizzato - previa prescrizione medica - consista nel poggiare i piedi su una sorta di scanner che rileva la conformazione delle piante. Il mio amico sostiene che non potrebbe più camminare senza queste speciali suole così confacenti ai suoi piedi. La riflessologia d'altronde ha appurato con ampiezza quanto la salute (o meno) dei piedi riverberi su tutto l'organismo

Penso che anche in politica potrebbe essere lo stesso. Tra l'altro, visto che Sandalios (la Sardegna) è paragonata ad un'orma di sandalo o di piede (leggenda o Greci...) - e quest'articoletto vuole parlare su certe cose sarde -, giocare su tale metafora mi risulta calzante.

La politica come un plantare anatomico. Chiunque si dedichi alla cosa pubblica dovrebbe specializzarsi in una sorta di “Riflessologia Politica”; perché dai... piedi molto dipende della salute del corpo. Chi si proclama servitore dello Stato, dovrebbe inchinarsi spesso per osservare le condizioni dei “piedi” dei cittadini(lo Stato). Un gesto che troppi non sanno fare, immersi in perenni campagne elettorali e protesi ai vari diktat dell'alta finanza europea e non solo.

Certo non esiste una politica sempre e perfettamente rispondente all'ambiente (così come non sempre vengono costruiti - mio amico docet! - plantari perfetti: a volte, dopo averci camminato su, bisogna farli ulteriormente adattare). Però, ha maggiore possibilità di sortire efficacia un'azione politica che sorga quale attenta risposta alle esigenze locali, che non una importata da altre realtà.
A onor del vero, la storia contempla situazioni di politiche trapiantate con esito. Ma l'osservatore oculato potrà notare come all'interno di queste felici eccezioni, ci siano state sagge operazioni di adattamento, di mediazione culturale ad opera di personaggi sensibili e capaci. Da non confondere perciò l'attento interscambio di elementi potenzialmente validi per più popoli, con la miope sovrapposizione-imposizione di un modello esterno al peggior stile “copia-incolla”.

Qualcuno potrebbe obiettare che anche dittature ed assolutismi vari sono nati quali risposte in loco, eppure...! È vero. Per questi casi ci sarebbe da fare un lungo discorso a parte; per esempio, sulle: “trasposizioni o riesumazioni ideologiche, auto-idolatrizzazione, pragmatizzazione di correnti filosofiche, reazioni estreme ad estreme situazioni, irrigidimento di governi nati in toni discretamente legittimi... Per quanto riguarda poi i metodi di tali Sistemi ( uso della forza, violenza, abuso della ragion di Stato, calpestio dei diritti umani), si entrerebbe, secondo me, in ulteriore discernimento: quello del limite spartitorio tra politica e non-politica.

Si potrebbe poi far menzione di qualche movimento autoctono (sardo) ugualmente poco efficace o non... calzante. Va perciò chiarito che per determinare un'azione politica aderente non basta il solo dato anagrafico. Ma che il movimento, partito, lista civica... sorga quale desiderio (attento, sincero, fatto con sufficiente competenza...) di promuovere - in aderente rispetto culturale - il cammino di crescita dell'ambiente umano che ne fa da culla.

Quindi, tra i partiti non calzanti coll'ambiente, sono da contemplare - a mio avviso - anche quelli che, pur autoctoni, non riescono (o non intendono perché ad altri fini protesi) a captare le fondamentali istanze locali da accompagnare senza... snaturare.

Se osserviamo il percorso storico dell'Isola, possiamo notare come i sistemi importati siano quasi sempre risultati, quando non deleteri, poco efficaci. Certo potremmo concedere a questi l'alibi di chi sostiene che, fino agli inizi del secolo trascorso, era pressoché comune per i conquistati o vinti, farsi inquadrare dai vincitori e conquistatori senza le troppe argomentazioni di oggi; anche se le stesse “molte eccezioni” della storia stessa rendono tale alibi parzialmente attendibile.

Ad ogni modo la presente riflessione, pur senza pretese dal scientifico rigore (non ne sarei capace), vuole soffermarsi sul momento presente.

La nostra politica è legata a quella della penisola Italica (nelle modalità e in parte nei contenuti), visto che a quella Nazione, per il momento, siamo annessi.

Entriamo più direttamente nell'argomento "Partiti". Qualche premessa. “Partitica (peggio ancora: partitocrazia)” non è sempre sinonimo di “Politica” (e viceversa). In molti casi certi conclamati dibattiti politici celano azioni prive di ogni succo... politico. Non si tratta di un dettaglio secondario, visto che spesso (sbagliandoci) consideriamo ambivalenti le due istanze.

D'altro canto sia pur vero che la presenza dei partiti, in se stessa, non offusca la politica. Può esserne di grande arricchimento, come la storia conferma.

È legittimo e umanamente naturale che esistano gruppi nei quali si convogli un modo specifico di intendere e fare politica. Ma dette conformazioni possono essere accreditate con l'appellativo di politiche allorquando non si orientano a fini settari e perseguono in maniera rigorosamente non violenta (la violenza, in ogni suo genere, è sempre sinonimo di non-politica) al bene di tutti.

La vita politica dell'Isola, dal secondo dopoguerra in poi, è stata protagonizzata dai tradizionali gruppi italiani susseguitisi nel tempo. Non è interesse di questo post fare un bilancio su ciò che abbiano fatto o non fatto, ma evidenziarne “l'inadeguata sovrapposizione”. Mi spiego: a mio avviso, si tratta di partiti “non disegnati” per l'ecosistema sociale-storico-culturale-economico della nostra Isola. Non dico che siano inefficaci in se stessi (senz'altro hanno posseduto e posseggono aspetti positivi). Semplicemente non sono progettati per una realtà (così strutturalmente diversa da quella italiana) come la nostra.

Questa “non aderenza” è ulteriormente accentuata dal fatto che, trattandosi di entità politiche appartenenti a lontani epicentri sociali, la loro presenza in Ichnusa li volge... periferici. I loro fulcri stanno altrove. La periferia si riduce così a mero alveo che raccoglie e convoglia energia verso il centro. “Beh: se siamo inquadrati nella Nazione italiana è logico che buona parte delle energie elettorali confluisca ai suoi vertici. Chi accetta il gioco (dei partiti italiani) deve giocare le regole di quel... gioco” . Verissimo. Ma il punto in questione è: quale effettivo ritorno da tali manovre? Poco niente. È la tiritera di sempre: ingenti risorse esportate, per un esiguo tornaconto. Decisamente sfiancante! Gli esempi sono alla portata di tutti. Il più paradossale forse: sprecare un diritto-dovere – il voto – per permettere a illustri sconosciuti/e “fintzas terramannesus/as; iat a bolli nai: personis ca bivint attesu dae nosus, dae sa vida nosta, dae is arrenghescius e anèlus dae donnia diri” (addirittura italiani, cioè:persone che vivono lontane dalla nostra vita, dei nostri problemi e speranze di tutti i giorni), di scaldare scanni parlamentari, perché così deciso dal partito o dalla coalizione. Votiamo quindi per offrire a personaggi a noi lontani e da noi non scelti, favolosi stipendi – soldi nostri! - che mai si ribasseranno; privilegi - da noi pagati! - di cui mai si priveranno; approssimativi progetti di governo – da noi non conosciuti a fondo! - che chissà se, come e quando realizzeranno.

Quest'andazzo sta penalizzando la stessa Penisola, immaginarsi... l'Isola! La lontana, periferica Isola! *

E i rappresentanti nostrani di codesti partiti cosa fanno? Idem con carciofi! Scalpitano per la carriera sulle seggiole capitoline. E una volta lì: “A no nos biri prus pretziada Insula mea!” (a non rivederci più, amata isola mia) . La storia passata e presente parla chiaro in proposito.

Poi ci son quelli costretti a giocare in casa. Ma che debbono, giocoforza, sottostare alle direttive del lontano “centro”, sacrificando il molto delle esigenze locali sull'altare delle peninsulari beghe.

Ho citato poc'anzi i progetti di governo. No, non mi riferisco all'infarcita di proclami da comizio del tipo: “ siamo i più belli! meno tasse! meno furti! meno costi carburante! meno disoccupazione! meno IMU! più crescita! più giustizia! più equità! più sicurezza! più assegni familiari! più pane e prosciutto! più caramelle! più noi e meno loro...”, ma a un programma completo, argomentato con tanto di obiettivi sistematizzati, che possa essere letteralmente “studiato” dall'elettore. Un progetto che permetta a quest'ultimo di andare alle urne con soddisfacenti motivazioni.

Questo è lo sforzo che si deve pretendere da questi troppo ben pasciuti signori! Poco importa se Tizio fa campagna elettorale in vespa, Caio in bicicletta, Sempronio sui pattini o quisquilie varie.

Esistono tali programmi? Sì e no. Su internet qualcosina si trova. Un sospetto? Non sanno cosa fare. Siamo in molti a pensarlo. Governi tecnici o non tecnici: non c'è chiarezza sul da farsi (tolti gravami e dettami di Bruxelles). Altro che Agende! Insomma: un po' non si sa, - un po' non si vuole? - , un po' non si può. Confusione, boria e ansia di potere: micidiale cocktail!

E se non sanno cosa fare nella Penisola, immaginarsi... nell'Isola! Nella lontana, periferica Isola! “Ellus! Pentzend' a nosus ant a essi! No teneus axiu!”.

Provate - giusto per stare in casa - a chiedere ai partiti che conformano la giunta della Regione (Sardegna) se sono sostenuti da un programma sistematico, argomentato e con obiettivi coordinati. Forse sulla carta; ma nella prassi …! Basti pensare, per esempio, a quanti denari della Comunità Europea son tornati al mittente per non aver trovato progetti che li abbiano saputi accogliere.

Non biasimo il partito che abbia idee parzialmente obnubilate sul da farsi: la situazione è confusa. Anzi: apprezzerei molto coloro che ammettessero pubblicamente la propria insufficienza per far fronte in toto ai così imbrogliati e stratificati problemi che ci affliggono. Desterebbe maggiore credibilità una proposta dimensionata, atta a veicolare una graduale e dignitosa ripresa sociale. Sì: dignitosa, anche dal punto di vista economico. È un bugiardo a mio avviso chi promette un futuro di prosperità e abbondanti consumi(causanti il collasso economico mondiale e l'estremo disagio di molti popoli). Sincero chi promuove (e non promette) prospettive più austere ma dignitose per tutti.

Balle! Senza coreografiche/altisonanti offerte e istrionici attori non si vincono elezioni!” Ok. Possiamo continuare a scegliere chi più ci ammalia: forse è più facile, più... comodo in fin dei conti. Però a un patto: d'ora in poi basta piangere sul latte versato! Basta lagnosi lamenti che mendicano compassione e salvezza da chissà chi! Basta facce da indignados quando, per l'ennesima volta, sfiateranno i rugosi palloncini che ci ostiniamo a gonfiare e rigonfiare. Vorrà dire che seguiteremo ad acclamare, inebetiti, gli stessi agghindati... “ re nudi ”; vorrà dire che ci auto-condanneremo a perpetuare sfumate figure che non conoscono (e non gl'interessa conoscere) ne' la nostra faccia tanto meno i nostri... piedi! Vorrà dire che continueremo ad inibire “più di quanto” la nostra capacità di pensare e costruire... alterità.

Come si può pretendere di superare i problemi in corso, ri-ri-affermando personaggi che in un modo o nell'altro hanno avuto parte in causa? Con quale assurdo criterio si può pretendere di sconfiggere certi deleteri effetti evocando l'ausilio delle forze concausanti dei medesimi? Nel regno della magia e del mito: forse. Nel mondo della logica e del reale: …!

C'è dell'altro: più in là dei simboli e delle mediatiche differenze e avversioni, dà l'impressione che questi gruppi non siano poi tanto divisi e diversi. Dà l'impressione che fuori dalle dalle Camere e telecamere vadano tutti a braccetto circa alcuni irremovibili tabù. Dà l'impressione che i loro programmi, più in là della carta scritta, non siano così diversi. Dà l'impressione che davanti a certe concrezioni di potere (vedi: privilegi vari, spese armamenti, nocive manovre militari perpetrate in Sardegna, il crudele sistema bancario che la fa da padrone - da non dimenticare certa affiliazione e/o interdipendenza fra alcune banche e certi Partiti - , ambigui disegni internazionali, ...), siano tutti allineati in un tacito ma chiaro, compatto, univoco... sissignore.

Nella stessa Penisola inoltre, è molto presente la critica circa l'agire pressoché asettico di questi gruppi. Più in là dei demagogici teatrini elettorali, non si nota un'azione che richiami la partecipazione diretta, attiva, critica degli elettori. Il voto infatti, seppure importante, non esaurisce le istanze per un più marcato protagonismo del cittadino. Perché tanta distanza? Forse per paura che si scoprano i vuoti di contenuto di cui sopra? Per maggior accentramento di un potere da spartire in ristretta gerarchia? Chissà!

Tanta distanza dai cittadini della Penisola, immaginarsi da quelli... dell'Isola! Della lontana, periferica Isola.

Tanta poca incisività da parte dei cittadini della Penisola, immaginarsi da parte di quelli... dell'Isola! Della lontana, periferica Isola!

Ma bisogna dirla tutta. È doveroso risaltare in questi gruppi la presenza di persone che agiscono con capacità e rigore etico. La loro efficacia è spesso visibile nel territorio ove operano. Soprattutto nei piccoli centri, dove, bando alle ciance: fa bene “chi fa bene e per il bene di tutti”, più in là degli schieramenti. Parliamo più che altro di qualità personali che riescono a brillare nel piccolo. Parliamo di qualità che si diluiscono (purtroppo)  man mano si ascende ai macro-interessi di partito. L'auspicio, ad ogni modo, è che queste persone, col tempo, possano ricoprire incarichi che solitamente vengono assunti più dagli sfacciati o/e ossequienti che dai meritevoli.

È a tutti chiaro come spesso luoghi di responsabilità rispondano al tornaconto partitico. E così assistiamo ad incarichi delicati (vedi ministeri, la presidenza di una Regione, assessorati...) assegnati a mediocri e inetti. Poco importa il deleterio impatto sul bene pubblico.

Ma torniamo ad Ichnusa: non sarebbe esagerato affermare che per i partiti italiani la Sardegna sia un serbatoio(anche se di modeste dimensioni) di voti e basta. Gli interessi stanno altrove. Nell'Isola hanno soltanto le truppe ausiliarie (questo tipo di milizie, soprattutto nelle zone di confine, era di grande aiuto all'esercito romano, ma non era formato da cittadini romani, bensì dagli abitanti di quelle terre limitrofe).

Per il resto, in questi ultimi settant'anni circa, non hanno mai preso sul serio la nostra specificità (ok: anche per ignavia nostra) e mai rispettato a fondo (ok: anche per ignavia nostra) la nostra autonomia.

Non dico cose nuove. Più o meno le sappiamo tutti. Allora? Perché continuare ad insisterci su ? Perché ostinarsi a delegare (delegare! Nostro più letale nemico) la gestione di casa alle stesse stagnanti comparse, con la servile speranza che realizzino gli abracadabra promessi? Non varrà la pena provare qualcosa di alternativo? Qualcosa di più nostro, di più locale? Qualcosa di più aderente o anatomico alla pianta del nostro... Piede? Qualcosa più a portata di cittadino; a portata tua, mia, a portata del vicino, a portata del quartiere, del paese... Insomma: dove tu ed io possiamo venir maggiormente coinvolti, interpellati, meno opacizzati, meno messi fuori da decisioni assemblate troppo lontano e che poi, giuste o ingiuste, saremo noi (tu, io, il vicino...) a doverle trascinare?

Qualcuno potrebbe obiettare che il panorama politico isolano è costellato per lo più da sigle indipendentiste. Non so se esistano gruppi con altro indirizzo. Le già menzionate Liste Civiche, verbigrazia, sono una realtà in molti luoghi dell'Isola. Ad ogni modo, se vero ch'io pure sia dichiaratamente “ pro s'indipendentzia dae sa Sardinnia (chena violentzias e chena natzionalismus), non è l'indipendenza il messaggio di fondo della presente riflessione. L'accento è posto sul diritto (e onere) che abbiamo, noi Sardi di provare a fare da soli. Insomma: provare a giocare (il gioco è un'arte seria) giochi fatti da noi è un'esigenza di crescita di enorme importanza per il nostro Popolo. Per alcuni sarà un processo verso l'indipendenza a tutto tondo (quello che personalmente sostengo), per altri saranno “prove tecniche” di autentica autonomia.

Cosa fare in concreto? Prima di tutto: cestinare, non appoggiare - perché siamo già grandi per credere alle favole! - le ritrite, patetiche, caramellate e solenni promesse da marito infedele (i risultati li abbiamo “subiti” più volte) dei peninsulari partiti (e di qualche camaleontico-opportunista partito insulare) ri-anagrammate in tempi di elezioni. Volgendo invece lo sguardo verso progetti - come già espresso - autoctoni, alcuni dei quali già operanti nel territorio: più a misura nostra, maggiormente aderenti e coinvolgenti la realtà sarda. Alcuni  forse non del tutto assemblati perché di recente nascita, e/o con pochi mezzi a disposizione. Ma è dal piccolo, dal poco ben fatto che si avanza. Eppoi: sappiamo come spesso ammucchiao e amministrano le ampie disponibilità finanziarie - soldi nostri! - e quant'altro, i partiti di grossa cilindrata.

In pratica si tratta di dare ai movimenti locali (esistenti o da creare) delle opportunità reali. Soprattutto a quelli che puntano sul coinvolgimento attivo e pensante dei cittadini. In definitiva - reitero - si tratta di dare a noi stessi l'opportunità di provare a fare un po' da soli. Diamoci quest'opportunità allora! Diamoci anche l'opportunità di sbagliare (che tutti sbagliano!) e di creare buone prospettive (che lo sappiamo fare!).

Sono già presenti nell'Isola numerose, interessanti, intelligenti e vincenti iniziative: in campo politico, culturale, sociale, economico, solidale, nell'ambito dei rapporti con altre Nazioni (che apprezzano in modo singolare la nostra cultura, lingua, tradizioni...).Azioni che stanno ridando speranza a tante realtà piegate dalla crisi. Gesti efficaci e creativi abbiamo detto. Gesti fatti bene da persone normali che sanno far ene le cose normali, senza bisogno di travestirsi come i falsi maghi dai cilindri vuoti della partitocrazia vigente.

È sintomatico vedere come le risposte valide ai problemi vigenti si stiano generando al di fuori degli italici partiti. Sì: siamo capaci e creativi. Ancora non ne siamo del tutto consapevoli, ma si va facendo cammino.

Insisto quindi: “diamo opportunità a noi stessi!”, offriamo opportunità ai nostri capaci, preparati e creativi giovani(ne abbiamo tanti: non facciamoli scappare...). Diamoci tante opportunità senza farci intimorire dagli errori, che tutti li fanno! Diamoci, diamoci e diamoci tante e tante opportunità; proviamo, proviamo e riproviamo ancora!

Le più grande sfide dei movimenti isolani? Le stesse di tutti i partiti del pianeta: proposte morigerate, fattibili, graduali; non nababbiche e inquinanti promesse; apertura alla partecipazione cittadina; sguardo fisso verso il basso, ai... piedi delle persone; …

Occhio! Anche nei partiti nostrani puoi trovare: gente valida e onesta; furbetti e nobili profili; capaci ed incapaci; arrivisti e servitori; pragmatici e friggitori d'aria; maghi e fate; streghe e fattucchieri; intellettuali e non; proposte insulse e polpose; attori, fanfaroni/e e donne/uomini di sostanza; disonesti e onesti DOC; benestanti e non; egoistelli e gente che ama servire la Gente. Insomma: non parliamo di gruppi extraterrestri in sottovuoto, ma di persone del terracqueo orbe.

E allora? Dov'è la differenza...?” La differenza è mastodontica e si chiama: agire da adulti, cioè da forgiatori delle proprie scelte, nella buona e cattiva sorte! Muovendosi, certo, in mezzo a virtù e vizi comuni all'umano genere, ma... da protagonisti e non da idioti! Senza dover patire imposti plantari scannerizzati altrove non collimanti col nostro Piede! Senza dover subire le regole dei giochi altrui, spesso mirati a benefici qui coltivati, qui irrigati, qui potati, qui vendemmiati, qui spremuti ma brindati e degustati altrove.

Come diventare adulti? Scegliendo di diventarlo, certi che nessuno può farlo per noi. Certi che nessuno – se non noi stesi – ci lancerà scialuppe di salvataggio.
Si vabbè, e poi? Eppoi... provando e riprovando, rischiando su scelte fatte da noi e da noi sostenute: con serietà, intelligenza, voglia di far bene, serenità, pazienza. Molta pazienza. Accettando i processi della crescita. Accettando... concedendoci direi, la possibilità di sbagliare (si cresce sbagliando, nessuno ha scienza infusa). Altra via non c'è.

E chi ci cambia la mentalità su certe cose? Noi stessi (non certo i partiti d'oltre sponda, in tutt'altre faccende affaccendati), così come hanno fatto e stanno facendo altri Popoli, i quali - da soli - si sono rialzati e si stanno rialzando dalle proprie ceneri.

L'esortazione a darsi opportunità, a non farsi intimidire dagli errori, potrebbe sembrare oltremodo ripetitiva; in realtà lo è, ma di proposito. L'errore, su noi Sardi, ha un effetto devastante. Quando incappiamo in un errore (da noi consumato) o un insuccesso (che non sempre è frutto dell'errore), ci ripieghiamo in un'autocritica a dir poco autolesionista, demotivante, demoralizzante, paralizzante. In poche parole: esageriamo alla grande in auto inclemenza. Non è giusto tutto ciò. Non è giusto verso di noi. Non meritiamo questo ne' da noi stessi e ne' dagli altri! Perdoniamoci, prendiamo fiato, facciamo il dovuto lutto, leniamo con amore le ferite, analizziamo motivi e... in cammino, con serenità e pazienza. La pazienza di chi sa che la costanza premia e che l'errore - suo malgrado e più in là delle apparenze - non annulla ciò che di buono è stato costruito.

L'esercito romano, il più potente e moderno per i tempi, dovette le sue continue sofisticazioni soprattutto allo studio pragmatico sui perché delle proprie sconfitte. Anche se sono contrario alla guerra, valga l'esempio. Mi viene in mente poi la svedese ditta Volvo, la prima che abbia investito in sicurezza automobilistica. Pare che ad ogni incidente stradale (ove sia coinvolta una Volvo) il veicolo venga osservato dai tecnici di questa Casa, che rilevano e analizzano i punti di cedimento. I dati vengono poi elaborati in vista di veicoli più sicuri.

Gai est!”: dietro ogni errore si celano tante e più chiare opportunità.

Un proverbio molto usato in un luogo dove ho vissuto suonava così: “Meglio il male conosciuto, che il bene da conoscere!”. Un detto in apparenza prudente ma dal retrogusto amaro, adottato da un Popolo che (un po' come il nostro) più volte è stato scottato dalla storia; più volte ha soggiaciuto, assuefacendosi, a nefaste, frustranti e lunghe dominazioni.

Non sia questo il nostro motto.
                                                                                           Ignazio Cuncu Piano.

* i termini "lontana e periferica", sono in un certo senso provocativi e vogliono indurre a pensare la nostra geografia esistenziale in modo del tutto diverso. Ci sentiamo - noi Sardi - lontani e periferici solo se ci pensiamo in relazione alla penisola italiana. Ma, in rapporto alla geografia in se stessa: viviamo in una grande e splendida Isola nel mezzo del Mediterraneo occidentale, punto strategico a livello di interscambi culturali ed economici. Se pensiamo alla nostra ricca e personalizzata storia, alle civiltà che abbiamo saputo creare e agli scambi che "sempre" abbiamo avuto col mondo circostante (altro che marginalità ed isolamento!), possiamo ben affermare di trovarci al centro di... noi stessi. Se pensiamo alle ricchezza di risorse che offre la nostra Isola (incluso un suolo generoso e più che abbondante) le quali, se saggiamente amministrate (questo il problema!) son capaci di offrirci un più che dignitoso sostentamento... allora quella "centralità a noi stessi" emergerà in tutta la sua oggettività, surclassando la falsa e tanto dannosa idea che pretende segregarci in una landa desolata, emarginata e alla deriva (in tutti i sensi) in mezzo ad un'invalicabile barriera marina.   


Chi non ha mai sbagliato è perché non ha mai fatto niente” ( R. B. Powell )