UN PLANTARE ANATOMICO "PO IS PEIS NOSTUS" (per i nostri piedi).
(i partiti italiani in Sardegna)
PROEMIO.
(i partiti italiani in Sardegna)
PROEMIO.
Le seguenti righe, pur prendendo spunto dalle imminenti votazioni,
non racchiudono nessuna velata intenzione di propaganda elettorale.
Pretesa non perseguibile, tra l'altro, per la caratteristica delle
elezioni in corso.
Si tratta invece di una riflessione circa un processo a lungo
termine. Un processo che va ben oltre il voto considerato come atto
meramente circoscritto (limitato) dalle modalità attuali. Un processo che si
traduce con la seguente presa di coscienza: il nostro presente e
futuro sarà trasformato e migliorato soltanto dalla decisione tesa ad
intraprendere - noi, e non gli altri per noi - un cammino
all'insegna dell'alterità. In definitiva: dalla capacità di
pensare e fare politica (cioè cose buone per noi e per gli altri)
sganciandoci dagli appesantiti e poco efficaci (quando non dannosi) modelli vigenti. Si può? Si può.
RIFLESSIONE DI UN COMUNE CITTADINO SUI PARTITI ITALIANI IN SARDEGNA.
Un mio “amico di escursioni montane” fa uso di plantari
anatomici. Vista la comune passione, ogni tanto discorriamo di
scarponi, calzettoni, plantari e robe varie. Una volta,
accompagnatolo ad un centro ortopedico, potei osservare come la
prima fase per un plantare personalizzato - previa prescrizione
medica - consista nel poggiare i piedi su una sorta di scanner che
rileva la conformazione delle piante. Il mio amico sostiene che non
potrebbe più camminare senza queste speciali suole così confacenti
ai suoi piedi. La riflessologia d'altronde ha appurato con ampiezza
quanto la salute (o meno) dei piedi riverberi su tutto l'organismo
Penso che anche in politica potrebbe essere lo stesso. Tra l'altro, visto che Sandalios (la Sardegna) è paragonata ad un'orma di sandalo o di piede (leggenda o Greci...) - e quest'articoletto vuole parlare su certe cose sarde -, giocare su tale metafora mi risulta calzante.
La politica come un plantare anatomico. Chiunque si dedichi alla cosa
pubblica dovrebbe specializzarsi in una sorta di “Riflessologia
Politica”; perché dai... piedi molto dipende della salute del
corpo. Chi si proclama servitore dello Stato, dovrebbe inchinarsi
spesso per osservare le condizioni dei “piedi” dei cittadini(lo
Stato). Un gesto che troppi non sanno fare, immersi in perenni
campagne elettorali e protesi ai vari diktat dell'alta finanza
europea e non solo.
Certo non esiste una politica sempre e perfettamente rispondente
all'ambiente (così come non sempre vengono costruiti - mio amico
docet! - plantari perfetti: a volte, dopo averci camminato su,
bisogna farli ulteriormente adattare). Però, ha maggiore possibilità
di sortire efficacia un'azione politica che sorga quale attenta
risposta alle esigenze locali, che non una importata da altre realtà.
A onor del vero, la storia contempla situazioni di politiche
trapiantate con esito. Ma l'osservatore oculato potrà notare come
all'interno di queste felici eccezioni, ci siano state sagge
operazioni di adattamento, di mediazione culturale ad opera di
personaggi sensibili e capaci. Da non confondere perciò l'attento
interscambio di elementi potenzialmente validi per più popoli, con
la miope sovrapposizione-imposizione di un modello esterno al peggior
stile “copia-incolla”.
Qualcuno potrebbe obiettare che anche dittature ed assolutismi vari
sono nati quali risposte in loco, eppure...! È
vero. Per questi casi ci sarebbe da fare un lungo discorso a
parte; per esempio, sulle: “trasposizioni o riesumazioni
ideologiche, auto-idolatrizzazione, pragmatizzazione di correnti
filosofiche, reazioni estreme ad estreme situazioni, irrigidimento
di governi nati in toni discretamente legittimi... Per quanto
riguarda poi i metodi di tali Sistemi ( uso della forza, violenza, abuso della ragion
di Stato, calpestio dei diritti umani), si
entrerebbe, secondo me, in ulteriore discernimento: quello del limite
spartitorio tra politica e non-politica.
Si potrebbe poi far menzione di qualche movimento autoctono (sardo)
ugualmente poco efficace o non... calzante. Va perciò chiarito che
per determinare un'azione politica aderente non basta il solo dato
anagrafico. Ma che il movimento, partito, lista civica... sorga quale
desiderio (attento, sincero, fatto con sufficiente competenza...) di
promuovere - in aderente rispetto culturale - il cammino di crescita
dell'ambiente umano che ne fa da culla.
Quindi, tra i partiti non calzanti coll'ambiente, sono da contemplare
- a mio avviso - anche quelli che, pur autoctoni, non riescono (o
non intendono perché ad altri fini protesi) a captare le
fondamentali istanze locali da accompagnare senza... snaturare.
Se osserviamo il percorso storico dell'Isola, possiamo notare come i
sistemi importati siano quasi sempre risultati, quando non deleteri,
poco efficaci. Certo potremmo concedere a questi l'alibi di chi
sostiene che, fino agli inizi del secolo trascorso, era pressoché
comune per i conquistati o vinti, farsi inquadrare dai vincitori e
conquistatori senza le troppe argomentazioni di oggi; anche se le
stesse “molte eccezioni” della storia stessa rendono tale alibi
parzialmente attendibile.
Ad ogni modo la presente riflessione, pur senza pretese dal
scientifico rigore (non ne sarei capace), vuole soffermarsi sul
momento presente.
La nostra politica è legata a quella della penisola Italica (nelle
modalità e in parte nei contenuti), visto che a quella Nazione, per
il momento, siamo annessi.
Entriamo più direttamente nell'argomento "Partiti". Qualche
premessa. “Partitica (peggio ancora: partitocrazia)” non è
sempre sinonimo di “Politica” (e viceversa). In molti casi certi
conclamati dibattiti politici celano azioni prive di ogni succo... politico. Non si tratta di un dettaglio secondario, visto che spesso
(sbagliandoci) consideriamo ambivalenti le due istanze.
D'altro canto sia pur vero che la presenza dei partiti, in se stessa,
non offusca la politica. Può esserne di grande arricchimento, come
la storia conferma.
È legittimo e umanamente naturale che
esistano gruppi nei quali si convogli un modo specifico di intendere
e fare politica. Ma dette conformazioni possono essere accreditate
con l'appellativo di politiche allorquando non si orientano a fini
settari e perseguono in maniera rigorosamente non violenta (la
violenza, in ogni suo genere, è sempre sinonimo di non-politica) al
bene di tutti.
La vita politica dell'Isola, dal secondo dopoguerra in poi, è stata
protagonizzata dai tradizionali gruppi italiani susseguitisi nel
tempo. Non è interesse di questo post fare un bilancio su ciò che
abbiano fatto o non fatto, ma evidenziarne “l'inadeguata
sovrapposizione”. Mi spiego: a mio avviso, si
tratta di partiti “non disegnati” per
l'ecosistema sociale-storico-culturale-economico della nostra Isola.
Non dico che siano inefficaci in se stessi (senz'altro hanno
posseduto e posseggono aspetti positivi). Semplicemente non sono
progettati per una realtà (così strutturalmente diversa da quella
italiana) come la nostra.
Questa “non aderenza” è ulteriormente accentuata dal fatto che,
trattandosi di entità politiche appartenenti a lontani epicentri
sociali, la loro presenza in Ichnusa li volge...
periferici. I loro fulcri stanno altrove. La periferia si riduce così
a mero alveo che raccoglie e convoglia energia verso il centro. “Beh:
se siamo inquadrati nella Nazione italiana è logico che buona parte
delle energie elettorali confluisca ai suoi vertici. Chi accetta il
gioco (dei partiti italiani) deve giocare le regole di quel...
gioco” . Verissimo. Ma il punto in questione è:
quale effettivo ritorno da tali manovre? Poco niente. È
la tiritera di sempre: ingenti risorse esportate, per un esiguo
tornaconto. Decisamente sfiancante! Gli esempi sono alla portata di
tutti. Il più paradossale forse: sprecare un diritto-dovere – il
voto – per permettere a illustri sconosciuti/e “fintzas
terramannesus/as; iat a bolli nai: personis ca bivint attesu dae nosus, dae sa
vida nosta, dae is arrenghescius e anèlus dae donnia diri” (addirittura italiani, cioè:persone che vivono lontane dalla nostra vita, dei nostri problemi e speranze di tutti i giorni), di
scaldare scanni parlamentari, perché così deciso dal partito o
dalla coalizione. Votiamo quindi per offrire a personaggi a noi
lontani e da noi non scelti, favolosi stipendi – soldi nostri! - che mai si
ribasseranno; privilegi - da noi pagati! - di cui mai si priveranno;
approssimativi progetti di governo – da noi non conosciuti a fondo! -
che chissà se, come e quando realizzeranno.
Quest'andazzo sta penalizzando la stessa Penisola, immaginarsi...
l'Isola! La lontana, periferica Isola! *
E i rappresentanti nostrani di codesti partiti cosa fanno? Idem con
carciofi! Scalpitano per la carriera sulle seggiole capitoline. E una
volta lì: “A no nos biri prus pretziada Insula mea!” (a non rivederci più, amata isola mia) . La storia passata e presente parla chiaro in
proposito.
Poi ci son quelli costretti a giocare in casa. Ma che debbono,
giocoforza, sottostare alle direttive del lontano “centro”,
sacrificando il molto delle esigenze locali sull'altare delle
peninsulari beghe.
Ho citato poc'anzi i progetti di governo. No, non mi riferisco
all'infarcita di proclami da comizio del tipo: “ siamo i più belli!
meno tasse! meno furti! meno costi carburante! meno disoccupazione!
meno IMU! più crescita! più giustizia! più equità! più
sicurezza! più assegni familiari! più pane e prosciutto! più
caramelle! più noi e meno loro...”, ma a un programma
completo, argomentato con
tanto di obiettivi sistematizzati, che possa essere letteralmente
“studiato” dall'elettore. Un progetto che permetta a quest'ultimo
di andare alle urne con soddisfacenti motivazioni.
Questo è lo sforzo che si deve pretendere da questi troppo ben
pasciuti signori! Poco importa se Tizio fa campagna elettorale in
vespa, Caio in bicicletta, Sempronio sui pattini o quisquilie varie.
Esistono tali programmi? Sì e no. Su internet qualcosina si trova.
Un sospetto? Non sanno cosa fare. Siamo in molti a pensarlo. Governi
tecnici o non tecnici: non c'è chiarezza sul da farsi (tolti
gravami e dettami di Bruxelles). Altro che Agende! Insomma: un po'
non si sa, - un po' non si vuole? - , un po' non si può. Confusione,
boria e ansia di potere: micidiale cocktail!
E se non sanno cosa fare nella Penisola, immaginarsi... nell'Isola!
Nella lontana, periferica Isola! “Ellus! Pentzend' a nosus ant
a essi! No teneus axiu!”.
Provate - giusto per stare in casa - a chiedere ai partiti che conformano la giunta della Regione (Sardegna) se sono sostenuti da un programma
sistematico, argomentato e con obiettivi coordinati. Forse sulla
carta; ma nella prassi …! Basti pensare, per esempio, a quanti
denari della Comunità Europea son tornati al mittente per non aver
trovato progetti che li abbiano saputi accogliere.
Non biasimo il partito che abbia idee parzialmente obnubilate sul da
farsi: la situazione è confusa. Anzi: apprezzerei molto coloro che
ammettessero pubblicamente la propria insufficienza per far fronte
in toto ai così imbrogliati e stratificati problemi che ci
affliggono. Desterebbe maggiore credibilità una proposta
dimensionata, atta a veicolare una graduale e dignitosa ripresa
sociale. Sì: dignitosa, anche dal punto di vista economico. È un
bugiardo a mio avviso chi promette un futuro di prosperità e
abbondanti consumi(causanti il collasso economico mondiale e
l'estremo disagio di molti popoli). Sincero chi
promuove (e non promette) prospettive più austere ma dignitose per
tutti.
“Balle! Senza
coreografiche/altisonanti offerte e istrionici attori non si vincono
elezioni!” Ok. Possiamo continuare a scegliere chi più ci ammalia: forse è più facile, più... comodo in fin dei conti. Però a un patto: d'ora in poi basta piangere sul latte versato! Basta lagnosi lamenti che mendicano compassione e salvezza da
chissà chi! Basta facce da indignados
quando, per l'ennesima volta, sfiateranno i rugosi palloncini che
ci ostiniamo a gonfiare e rigonfiare. Vorrà dire che seguiteremo ad
acclamare, inebetiti, gli stessi agghindati... “ re nudi ”; vorrà dire che ci auto-condanneremo a perpetuare sfumate figure che non
conoscono (e non gl'interessa conoscere) ne' la nostra faccia tanto
meno i nostri... piedi! Vorrà dire che continueremo ad inibire “più
di quanto” la nostra capacità di pensare e costruire... alterità.
Come si può pretendere di superare i problemi in corso,
ri-ri-affermando personaggi che in un modo o nell'altro hanno avuto parte in causa? Con quale assurdo
criterio si può pretendere di sconfiggere certi deleteri effetti evocando
l'ausilio delle forze concausanti dei medesimi? Nel
regno della magia e del mito: forse. Nel mondo della logica e del
reale: …!
C'è dell'altro: più in là dei simboli e delle mediatiche differenze e
avversioni, dà l'impressione che questi gruppi non siano
poi tanto divisi e diversi. Dà l'impressione che fuori dalle dalle
Camere e telecamere vadano tutti a braccetto circa alcuni
irremovibili tabù. Dà l'impressione che i loro programmi, più in
là della carta scritta, non siano così diversi. Dà l'impressione
che davanti a certe concrezioni di potere (vedi: privilegi vari, spese
armamenti, nocive manovre militari perpetrate in Sardegna, il crudele
sistema bancario che la fa da padrone - da non dimenticare certa affiliazione e/o interdipendenza fra alcune banche e certi Partiti - , ambigui disegni
internazionali, ...), siano tutti allineati in un tacito ma chiaro, compatto,
univoco... sissignore.
Nella stessa Penisola inoltre, è molto presente la critica circa
l'agire pressoché asettico di questi gruppi. Più in là dei
demagogici teatrini elettorali, non si nota un'azione che richiami la partecipazione diretta, attiva, critica degli
elettori. Il voto infatti, seppure importante, non esaurisce le
istanze per un più marcato protagonismo del cittadino. Perché
tanta distanza? Forse per paura che si scoprano i vuoti di contenuto
di cui sopra? Per maggior accentramento di un potere da spartire in ristretta gerarchia? Chissà!
Tanta distanza dai cittadini della Penisola, immaginarsi da quelli...
dell'Isola! Della lontana, periferica Isola.
Tanta poca incisività da parte dei cittadini della Penisola, immaginarsi da parte di quelli... dell'Isola! Della lontana, periferica Isola!
Ma bisogna dirla tutta. È doveroso
risaltare in questi gruppi la presenza di persone che agiscono con
capacità e rigore etico. La loro efficacia è spesso visibile nel
territorio ove operano. Soprattutto nei piccoli centri, dove, bando alle ciance: fa bene
“chi fa bene e per il bene di tutti”, più in là degli
schieramenti. Parliamo più che altro di qualità personali che
riescono a brillare nel piccolo. Parliamo di qualità che si
diluiscono (purtroppo) man mano si ascende ai
macro-interessi di partito. L'auspicio, ad ogni modo, è che queste persone,
col tempo, possano ricoprire incarichi
che solitamente vengono assunti più dagli sfacciati o/e
ossequienti che dai meritevoli.
È a tutti chiaro come spesso luoghi di
responsabilità rispondano al tornaconto partitico. E così
assistiamo ad incarichi delicati (vedi ministeri, la presidenza di
una Regione, assessorati...) assegnati a mediocri e inetti. Poco
importa il deleterio impatto sul bene pubblico.
Ma torniamo ad Ichnusa: non sarebbe esagerato affermare che per i
partiti italiani la Sardegna sia un serbatoio(anche se di modeste dimensioni) di voti e basta. Gli
interessi stanno altrove. Nell'Isola hanno soltanto le truppe
ausiliarie (questo tipo di milizie, soprattutto nelle zone di
confine, era di grande aiuto all'esercito romano, ma non era formato
da cittadini romani, bensì dagli abitanti di quelle terre
limitrofe).
Per il resto, in questi ultimi settant'anni circa, non hanno mai
preso sul serio la nostra specificità (ok: anche per ignavia
nostra) e mai rispettato a fondo (ok: anche per ignavia nostra) la
nostra autonomia.
Non dico cose nuove. Più o meno le sappiamo tutti. Allora? Perché
continuare ad insisterci su ? Perché ostinarsi a delegare (delegare!
Nostro più letale nemico) la gestione di casa alle stesse stagnanti
comparse, con la servile
speranza che realizzino gli abracadabra promessi? Non varrà
la pena provare qualcosa di alternativo? Qualcosa di più nostro, di
più locale? Qualcosa di più aderente o anatomico alla pianta del
nostro... Piede? Qualcosa più a portata di cittadino; a portata tua,
mia, a portata del vicino, a portata del quartiere, del paese...
Insomma: dove tu ed io possiamo venir maggiormente coinvolti,
interpellati, meno opacizzati, meno messi fuori da decisioni
assemblate troppo lontano e che poi, giuste o ingiuste, saremo noi
(tu, io, il vicino...) a doverle trascinare?
Qualcuno potrebbe obiettare che il panorama politico isolano è
costellato per lo più da sigle indipendentiste. Non so se esistano
gruppi con altro indirizzo. Le già menzionate Liste Civiche,
verbigrazia, sono una realtà in molti luoghi dell'Isola. Ad ogni
modo, se vero ch'io pure sia dichiaratamente “ pro
s'indipendentzia dae sa Sardinnia (chena violentzias e chena
natzionalismus)”, non è l'indipendenza il messaggio di
fondo della presente riflessione. L'accento è posto sul diritto (e
onere) che abbiamo, noi Sardi di provare a fare da soli. Insomma:
provare a giocare (il gioco è un'arte seria) giochi fatti da noi è
un'esigenza di crescita di enorme importanza per il nostro Popolo.
Per alcuni sarà un processo verso l'indipendenza a tutto tondo
(quello che personalmente sostengo), per altri saranno “prove
tecniche” di autentica autonomia.
Cosa fare in concreto? Prima di tutto: cestinare, non appoggiare - perché
siamo già grandi per credere alle favole! - le ritrite, patetiche,
caramellate e solenni promesse da marito infedele (i risultati li
abbiamo “subiti” più volte) dei peninsulari partiti (e di
qualche camaleontico-opportunista partito insulare) ri-anagrammate in
tempi di elezioni. Volgendo invece lo sguardo verso progetti
- come già espresso - autoctoni, alcuni dei quali già operanti nel
territorio: più a misura nostra, maggiormente aderenti e
coinvolgenti la realtà sarda. Alcuni forse non del tutto
assemblati perché di recente nascita, e/o con pochi mezzi a
disposizione. Ma è dal piccolo, dal poco ben fatto che si avanza.
Eppoi: sappiamo come spesso ammucchiao e amministrano le ampie disponibilità finanziarie - soldi
nostri! - e quant'altro, i partiti di grossa cilindrata.
In pratica si tratta di dare ai movimenti locali (esistenti o da
creare) delle opportunità reali. Soprattutto a quelli che puntano
sul coinvolgimento attivo e pensante dei cittadini. In definitiva -
reitero - si tratta di dare a noi stessi l'opportunità di provare a
fare un po' da soli. Diamoci quest'opportunità allora! Diamoci anche
l'opportunità di sbagliare (che
tutti sbagliano!) e di creare buone prospettive (che lo
sappiamo fare!).
Sono già presenti nell'Isola
numerose, interessanti,
intelligenti e vincenti iniziative:
in campo politico, culturale, sociale, economico, solidale,
nell'ambito dei rapporti con altre Nazioni (che
apprezzano in modo singolare la nostra cultura, lingua,
tradizioni...).Azioni che stanno ridando speranza a tante realtà
piegate dalla crisi. Gesti efficaci e creativi abbiamo detto. Gesti fatti bene da persone normali che sanno far ene le cose normali, senza bisogno di travestirsi come i falsi maghi dai cilindri vuoti della partitocrazia vigente.
È sintomatico
vedere come le risposte valide ai problemi vigenti si stiano
generando al di fuori degli italici partiti. Sì: siamo capaci e
creativi. Ancora non ne siamo del tutto consapevoli, ma si va
facendo cammino.
Insisto quindi: “diamo opportunità a noi stessi!”, offriamo
opportunità ai nostri capaci, preparati e creativi giovani(ne
abbiamo tanti: non facciamoli scappare...). Diamoci tante opportunità
senza farci intimorire dagli errori, che
tutti li fanno! Diamoci, diamoci e diamoci tante e
tante opportunità; proviamo, proviamo e riproviamo ancora!
Le più grande sfide dei movimenti isolani? Le stesse di tutti i
partiti del pianeta: proposte morigerate, fattibili, graduali; non
nababbiche e inquinanti promesse; apertura alla partecipazione
cittadina; sguardo fisso verso il basso, ai... piedi delle persone; …
Occhio! Anche nei partiti nostrani puoi trovare: gente valida e
onesta; furbetti e nobili profili; capaci ed incapaci; arrivisti e
servitori; pragmatici e friggitori d'aria; maghi e fate; streghe e
fattucchieri; intellettuali e non; proposte insulse e polpose;
attori, fanfaroni/e e donne/uomini di sostanza; disonesti e onesti
DOC; benestanti e non; egoistelli e gente che ama servire la Gente.
Insomma: non parliamo di gruppi extraterrestri in sottovuoto, ma di
persone del terracqueo orbe.
“E allora? Dov'è la differenza...?” La
differenza è mastodontica e si chiama: agire da adulti,
cioè da forgiatori delle
proprie scelte, nella buona e cattiva sorte! Muovendosi, certo, in
mezzo a virtù e vizi comuni all'umano genere, ma... da protagonisti
e non da idioti! Senza
dover patire imposti plantari scannerizzati altrove non collimanti
col nostro Piede! Senza dover subire le regole dei giochi altrui,
spesso mirati a benefici qui coltivati, qui irrigati, qui potati, qui
vendemmiati, qui spremuti ma brindati e degustati altrove.
Come diventare adulti?
Scegliendo di diventarlo, certi
che nessuno può farlo per noi. Certi che nessuno – se non noi
stesi – ci lancerà scialuppe di salvataggio.
Si vabbè, e poi? Eppoi... provando
e riprovando, rischiando su scelte fatte da noi e da noi sostenute:
con serietà, intelligenza, voglia di far bene, serenità, pazienza.
Molta pazienza. Accettando i processi della crescita. Accettando...
concedendoci direi, la possibilità di sbagliare (si cresce
sbagliando, nessuno ha scienza infusa). Altra via non c'è.
E chi ci cambia la mentalità su certe cose? Noi stessi (non
certo i partiti d'oltre sponda, in tutt'altre faccende affaccendati),
così come hanno fatto e stanno facendo altri Popoli, i quali - da
soli - si sono rialzati e si stanno rialzando dalle proprie
ceneri.
L'esortazione a darsi opportunità, a non farsi intimidire dagli
errori, potrebbe sembrare oltremodo ripetitiva; in realtà lo è, ma
di proposito. L'errore, su noi Sardi, ha un effetto devastante.
Quando incappiamo in un errore (da noi consumato) o un insuccesso
(che non sempre è frutto dell'errore), ci ripieghiamo in
un'autocritica a dir poco autolesionista, demotivante,
demoralizzante, paralizzante. In poche parole: esageriamo alla grande
in auto inclemenza. Non è giusto tutto ciò. Non è giusto verso di
noi. Non meritiamo questo ne' da noi stessi e ne' dagli altri!
Perdoniamoci, prendiamo fiato, facciamo il dovuto lutto, leniamo con
amore le ferite, analizziamo motivi e... in cammino, con serenità e
pazienza. La pazienza di chi sa che la costanza premia e che l'errore
- suo malgrado e più in là delle apparenze - non annulla ciò che di buono è stato costruito.
L'esercito romano, il più potente e moderno per i tempi, dovette le
sue continue sofisticazioni soprattutto allo studio pragmatico sui
perché delle proprie sconfitte. Anche se sono contrario alla guerra,
valga l'esempio. Mi viene in mente poi la svedese ditta Volvo, la
prima che abbia investito in sicurezza automobilistica. Pare che ad
ogni incidente stradale (ove sia coinvolta una Volvo) il veicolo
venga osservato dai tecnici di questa Casa, che rilevano e analizzano i punti di cedimento. I dati vengono poi elaborati in vista di
veicoli più sicuri.
“Gai est!”:
dietro ogni errore si celano tante e più chiare opportunità.
Un proverbio molto usato in un luogo dove ho vissuto suonava così:
“Meglio il male conosciuto, che il bene da conoscere!”. Un
detto in apparenza prudente ma dal retrogusto amaro, adottato da un
Popolo che (un po' come il nostro) più volte è stato scottato dalla
storia; più volte ha soggiaciuto, assuefacendosi, a nefaste,
frustranti e lunghe dominazioni.
Non sia questo il nostro motto.
Ignazio Cuncu
Piano.
* i termini "lontana e periferica", sono in un certo senso provocativi e vogliono indurre a pensare la nostra geografia esistenziale in modo del tutto diverso. Ci sentiamo - noi Sardi - lontani e periferici solo se ci pensiamo in relazione alla penisola italiana. Ma, in rapporto alla geografia in se stessa: viviamo in una grande e splendida Isola nel mezzo del Mediterraneo occidentale, punto strategico a livello di interscambi culturali ed economici. Se pensiamo alla nostra ricca e personalizzata storia, alle civiltà che abbiamo saputo creare e agli scambi che "sempre" abbiamo avuto col mondo circostante (altro che marginalità ed isolamento!), possiamo ben affermare di trovarci al centro di... noi stessi. Se pensiamo alle ricchezza di risorse che offre la nostra Isola (incluso un suolo generoso e più che abbondante) le quali, se saggiamente amministrate (questo il problema!) son capaci di offrirci un più che dignitoso sostentamento... allora quella "centralità a noi stessi" emergerà in tutta la sua oggettività, surclassando la falsa e tanto dannosa idea che pretende segregarci in una landa desolata, emarginata e alla deriva (in tutti i sensi) in mezzo ad un'invalicabile barriera marina.
* i termini "lontana e periferica", sono in un certo senso provocativi e vogliono indurre a pensare la nostra geografia esistenziale in modo del tutto diverso. Ci sentiamo - noi Sardi - lontani e periferici solo se ci pensiamo in relazione alla penisola italiana. Ma, in rapporto alla geografia in se stessa: viviamo in una grande e splendida Isola nel mezzo del Mediterraneo occidentale, punto strategico a livello di interscambi culturali ed economici. Se pensiamo alla nostra ricca e personalizzata storia, alle civiltà che abbiamo saputo creare e agli scambi che "sempre" abbiamo avuto col mondo circostante (altro che marginalità ed isolamento!), possiamo ben affermare di trovarci al centro di... noi stessi. Se pensiamo alle ricchezza di risorse che offre la nostra Isola (incluso un suolo generoso e più che abbondante) le quali, se saggiamente amministrate (questo il problema!) son capaci di offrirci un più che dignitoso sostentamento... allora quella "centralità a noi stessi" emergerà in tutta la sua oggettività, surclassando la falsa e tanto dannosa idea che pretende segregarci in una landa desolata, emarginata e alla deriva (in tutti i sensi) in mezzo ad un'invalicabile barriera marina.
“ Chi non ha mai sbagliato è perché non ha mai fatto
niente” ( R. B. Powell )