lunedì 1 aprile 2013

"NUNC DIMITTIS SERVUM TUUM..."(papa Benedetto: il coraggio della profezia)

Il comprensibile entusiasmo che ruota intorno alla figura dell'attuale Pontefice, sta mettendo un po' in ombra (senza cattiva volontà di nessuno) la portata massima del gesto di papa Benedetto. Non sia quindi di troppo ricordare che tra i due pontificati esiste una “strettissima-consequenziale relazione”. Se oggi possiamo gioire attorno a Francesco, è grazie al gesto di Benedetto.

Qualcuno potrebbe con ragione obiettare che fino a poco più di un mese fa, l'attenzione era tutta rivolta su Benedetto. È infatti vero. Com'è anche vero che tranne qualche voce fuori coro e fuori tono, l'opinione pubblica ha saputo cogliere la profondità ed il coraggio del gesto, accompagnandolo con squisito rispetto. Anche i media hanno dimostrato professionalità e toni caldi. Penso, per esempio, con quale delicatezza un'emittente di matrice laica seppe commentare il “volo di commiato” che portò papa Ratzinger verso Castelgandolfo, il 28 Febbraio scorso.

L'abdicazione del Papa è stata per molti una novità, un fatto inaspettato. Non eravamo abituati ad un gesto che pur essendo previsto dal Codice di Diritto Canonico (Can. 332, comma 2), ha colto di sorpresa la stessa Curia romana. Tant'è così che in tempo record un team di canonisti ha dovuto coniare nomenclature e modalità nuove del tipo: come denominare il vescovo di Roma emerito, che tipo di abbigliamento, eccetera.

Di per se', come già espresso, l'abdicazione non è una prassi del tutto estranea al papato. Nella storia della Chiesa si enumerano alcuni precedenti (6 casi, se non vado errato).

In tempi più recenti, seppure non portata a termine, pare sia stata contemplata da tre papi: Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo II.

Quando in piena tempesta nazista si fece imminente il pericolo di un possibile rapimento del pontefice da parte di Hitler, si commenta che Pio XII (+ 1958) avesse lasciato per iscritto un'abdicazione da mettersi in atto qualora il fatto si fosse consumato, in modo che il dittatore tedesco non potesse tener imprigionato il successore di Pietro, ma solo l'uomo Eugenio Pacelli (questo il nome del papa). Una seconda possibilità di abdicazione, fu messa in bilancio nel suo ultimo periodo di vita, per motivi di salute.

Paolo VI (+ 1978) la ipotizzò, qualora gli anni e gli acciacchi gli avessero impedito di svolgere adeguatamente il ministero petrino. Sembra addirittura che avesse richiesto ad un fedele collaboratore di avvisarlo circa la comparsa di eventuali defezioni senili.

Anche Giovanni Paolo II (+ 2005) , all'aggravarsi del morbo di Parkinson, soppesò seriamente l'idea di abdicare. Sappiamo poi com'è andata.

Di papa Benedetto conosciamo i motivi dalle sue stesse parole rivolte a tutti. In piena lucidità, ci ha detto sic et sempliciter che alla sua età e coi suoi acciacchi, le forze per sostenere il ministero – soprattutto in un momento così delicato per la Chiesa e per l'umanità tutta - sono venute meno.

I complottisti di turno e coloro che non amano il diamantino, hanno voluto andare oltre queste parole, considerate una pietosa scusa per celare l'impotenza di un timido anziano di fronte a concrezioni di palazzo ormai ampiamente autonome nei loro meccanismi di potere. Non escludo l'esistenza di certe tirantezze poco evangeliche nei piani alti vaticani (lo stesso Benedetto, in più di una circostanza, ne ha fatto allusione), ma ciò niente toglie alla semplice verità delle parole del papa, il cui ministero rimarrebbe pur sempre un'impresa enormemente esigente anche in una Chiesa ove tutto filasse liscio.

Credo che invece l'attenzione vada posta sulla molteplice profondità del gesto, che ha da insegnare molto a... molti! Mi soffermo soltanto su tre aspetti: la naturalità, l'umanità e la... profezia.

La naturalità di un gesto, a mio parere, la si coglie nel connubio tra la ragione, l'obiettività dei fatti, gli aspetti della personalità e l'esperienza (passata e presente) di chi lo compie. Cosicché, la scelta di Joseph, nell'ambito della sua personalità, è stata del tutto naturale, alla stessa stregua di chi, al suo posto ma con altra personalità e differenti riferimenti esperienziali, avesse scelto di continuare il proprio percorso nel ministero petrino (come, verbigrazia, optò Giovanni Paolo II).

L'umanità del gesto – in parte inclusa nel precedente punto – è quella che ne esprime appieno la grandezza. La scelta di Benedetto è stata, ancor prima che ecclesiale-spirituale, un gesto umano. L'eccessiva e spesso ambigua sacralità che a volte conferiamo a un papa, è stata sanamente contenuta da un “uomo che si sa uomo”; senza dubbio servo utile e prezioso, ma al contempo - sempre perché uomo e non semidio - limitato e mai indispensabile.

C'è poi l'aspetto della fede, che non va per conto proprio ma s'innesta nelle istanze di cui sopra. Il papa stesso ci ha detto che si è trattato di una decisione pregata e pensata a lungo, presa in umiltà davanti a Dio e per il bene della Chiesa, nella consapevolezza che essa è di Gesù, il quale: “Non le farà mai mancare il Suo sostegno” (Udienza Generale, 27 Febbraio 2013).

Quest'ultima motivazione racchiude un'imponente valenza profetica.

Il profeta nell'ambiente biblico era inviato da Dio (cf. Is 6, 1ss; Ger 1,1ss; Am 1,1-2) per annunziare in Sua vece. Aiutava gli uomini a leggere, decifrare e vivere la propria esistenza e la propria storia alla luce del progetto di amore di Dio, al di sopra di ogni frivolo interesse personale. Suo fine era, in sostanza, annunciare e vivere la “verità di Dio”, anche al prezzo dell'incomprensione, dell'impopolarità, della persecuzione (cf. Ger 26,7-11). Quasi sempre infatti è inviato (al popolo d'Israele) in momenti di crisi per: consolare, dare speranza, orientare, richiamare, rimproverare, difendere gli oppressi (cf Am 8,1-6).

Anche oggi, ogni donna e uomo di fede, è chiamato a vivere da profeta, sapendo interpretare la realtà alla luce di Dio, focalizzando il proprio vivere nella testimonianza del Buon messaggio (Gesù) e nel bene incondizionato al prossimo (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 904-907).

Sotto quest'ottica, il gesto di papa Benedetto è stato doppiamente profetico: nell'accettare e nell'abdicare. Fu profetico quando accettò l'eredità di Pietro nel conclave che volle eleggerlo. Impresa per niente semplice succedere al pontificato lungo, carismatico ed apoteotico di Giovanni Paolo II. Benedetto è stato il Cireneo che con discrezione, spalle forti di esperienza e saggezza, ha saputo so-portare (nel senso positivo di: portare sostenendo) un'eredità di troppi carati e far sbocciare cose nuove (è grande, seppure forse meno visibile, l'eredità che anche lui ci ha lasciati). E al momento opportuno ha saputo passare il testimone. Per dirla in soldoni: Benedetto è stato il gradino, la rampa di congiunzione, il traghettatore tra il pontificato di Giovanni Paolo II e quello di Francesco; mirabile servizio che solo il “servo umile” sa fare!

Ecco perché considero che l'accettazione del pontificato (da parte di Benedetto), insieme all'abdicazione, formino il tutt'uno di un gesto profetico. Quando la profezia è obbedienza a ciò che Dio (e non il capriccio umano) desidera realizzare, è vera profezia. Quando la profezia sa considerare compiuto il proprio mandato, è vera profezia. Quando per il bene di tutti l'istinto spirituale e razionale intuiscono che è arrivato il momento di lasciare che Dio faccia un altro passo, questa è vera profezia.

Non si tratta quindi di abbandonare la croce, ma di accettarla così come si presenta. Perché in sostanza, l'aspetto nucleare, nell'ortoprassi cristiana, non è la croce in se stessa, ma l'amore a Gesù, nel servizio (fatto del dono di se') per il bene della Chiesa e dell'umanità. È all'interno di tale servizio, inquadrato nella fedeltà a Dio e all'uomo, che la croce trova la sua collocazione. Fuori da quest'ottica fondante della fede teologale, anche il morir da papa potrebbe sfumare in una tentazione di vanagloria.

Ma queste sono semplicemente considerazioni personali e non racchiudono nessuna pretesa che vada oltre questo dato: considerazioni personali, appunto.

                                                                                                         Ignazio Cuncu Piano

Nessun commento:

Posta un commento