venerdì 9 novembre 2012

INDIPENDENZA SARDA E ASCETISMO POLITICO

INDIPENDENZA SARDA E ASCETISMO POLITICO.

Sembrerebbe che sempre più cittadini sarde e sardi - seppure lentamente, in forma non omogenea e in termini politici non ancora esaustivamente compatti e incisivi - stiano... stiamo maturando una coscienza indipendentista. Ne sono contento! Un appropriato e recente revisionismo storico si sta rivelando sempre più capace di raccontarci un trascorso che parla di un Popolo capace di essere protagonista di se stesso. Di conseguenza,“gei fiat ora!”, si va sgretolando - seppure lentamente -  il dicotomico mito che da una parte sentenziava la nostra incapacità a governarci senza l'italico appoggio, e dall'altra conferiva a quello Stato il ruolo di balia prodiga verso l'insufficiente economia isolana, della serie: “ Come facciamo a sopravvivere senza il sostegno dell'Italia? Sotto l'Italia siamo economicamente facilitati/aiutati, soprattutto nei momenti di crisi...”(ditziosus nosus!). Oggi almeno stiamo scoprendo che: non proprio così, forse il contrario.

Ma torniamo al percorso indipendentista, perché di percorso si tratta. Percorso fatto di pensiero ed operatività che siano veri e propri test (per noi stessi) di crescente maturazione autodeterminante.

Esiste al momento attuale un'istanza politica di spessore ove convogliare tale cammino? Mi sembra di no. Il panorama isolano si presenta piuttosto frastagliato. Più conformazioni politiche perseguono la stessa meta con differenti tipologie. Ciò in un primo momento non è un male; può addirittura essere una ricchezza. Ma se il discorso prenderà corpo, si dovrà pian piano convergere ad una sostanziale/fruibile unità di vedute e strategie. Perché, come ovvio, l'unità nazionale si potrà ottenere solo se “insieme”: altra via democratica non c'è.
Non so come si approderà a menzionata unità: se per suffragio maggioritario verso un solo gruppo politico(che ne diverrebbe il punto di riferimento compatto) , attraverso il già citato accordo tra diversi gruppi(indipendentisti) , ...

A prescindere da tutto ciò, il nucleo della questione s'incentra sull'impostazione a monte di “un'azione politica seria e alternativa”. Risulterebbe per niente interessante un'indipendenza intessuta con le scadenti trame di sempre.

La più grande sfida degli attuali Movimenti Indipendentisti, quindi, consisterà nel “non-ricalcare” gli stessi comportamenti da loro criticati, consapevoli che ciò sia molto più difficile di quanto possa, in teoria, sembrare.

Il tutto potrebbe concretarsi soltanto attraverso una “lenta rivoluzione politica interiore”. Non quindi un drastico ribaltamento esterno, ma una nuova presa di coscienza che dovrà essere indispensabilmente personale per poter sortire autentica valenza collettiva.
Purtroppo, che la polis necessiti persone limpide ab intra , è un ritornello così coralmente e pateticamente declamato, che la messa in pratica non risulta poi così - sigh! - importante.

Volendo intessere una sorta di spiritualità laica, si potrebbe osare che solo attraverso un “ascetismo politico” si potrà intraprendere un cammino che si dica... nuovo. Lo stesso termine (politica), indica come il servizio ai cittadini possa essere svolto soltanto attraverso solidi contenuti di fondo.

Ascetismo politico. Ascetismo. Gli “ascetès” (da cui il termine ascetismo), nell'antica Grecia, erano gli atleti, i lottatori. Persone che dovevano esercitare un costante auto-dominio per evitare abiti limitanti il rendimento fisico, e fomentarne altri che lo favorissero. Tutto ciò implicava saggezza di vita, diete oculate, discernimento atto a distinguere “quali e quali atteggiamenti; quali e quali tecniche ginniche...”.

Anche in politica dovrebbe essere così. Soprattutto nel delicato e arduo impegno volto a sensibilizzare un Popolo sulla propria identità di Nazione. Non sarà certo una passeggiata ricreativa il cammino verso l'indipendenza, ma una scalata esigente, impensabile senza quel “ascetès per (il bene de') la polis” di cui sopra.
Alla stessa stregua dei ginnasti ellenici, chi intende perseguire questa meta(l'indipendenza), dovrebbe previamente discernere “quali e quali atteggiamenti(che premettono le strategie)...”, per poi viverli: nella sostanza, nella forma. Poiché non si tratta di cose scontate, che vengono da se',  in automatico.

Quali e quali atteggiamenti allora? Non so: cito alcune cose che mi paiono importanti.

In primo luogo è da evitare il più generico e già menzionato pericolo: ricalcare gli stessi errori di chi si critica. La tendenza a ripetere schemi medesimi, forse inconsciamente assimilati da quello che (per molti sardi) è l'unico panorama di confronto (il panorama italiano) : c'è e si nota.

Eccone poi uno tutto nostro: l'individualismo, il complesso del capo-tribù. Scopro l'acqua calda, lo so. Ma è veramente ora di farcela finita! Senza un impegno serio da parte di ognuno circa quest'atavico handicap, l'indipendenza rimarrà un reiterato e annoiante argomento da salotto!
Prospettive di grande portata sono state gravemente frustrate (anche in tempi recenti) a causa di miopi e futili personalismi, incapaci di interpretare i segni favorevoli del momento storico. I motivi? Fra altri: la mancata - capacità? Volontà? - (da parte di certi leader) di anteporre l'evidente maturazione della coscienza collettiva ai propri meschini posti(cini) di comando. Detto in altri termini: la mancata-democratica decisione di dare spazio alla messa in atto delle capacità altrui, ai naturali e vitali ricambi dirigenziali, considerando questi aspetti come: il miglior risultato del proprio lavoro.

Fa rabbia tutto ciò! Fa rabbia veder crollare progetti intelligenti e ben avviati per motivi stupidi(ni)! Fa rabbia vedere come simili spettacoli compromettano il capillare impegno di molti, disilludendo(cioè perdendo l'assenso di) numerose persone seriamente/validamente... pensanti e operanti. Perché laddove si vuol essere perpetui generali(ni) con tanti soldati(ni), si rimane a corto di cervelli, di personalità mature. E come la fai l'indipendenza senza la... sostanza? No: non ha senso perseguire alte mete con l'esercito di Franceschiello! Non ha senso la figura (infantile) del leader trascinatore di ( infantili e amorfe) masse (masse si fa per dire). Oggi ha senso solo e soltanto il gioco di squadra, il leader buon coordinatore, che sappia incoraggiare le specifiche creatività e confluirle il più possibile in sintesi comunitarie. La leadership diventa così un servizio denso di efficacia anche quando si svolge dietro le quinte! La leadership diviene in questo modo: servizio alla persona, da cui fluisce l'autorità. Autorità: la sola che sappia legittimare il (pur necessario) potere (politico).
Ci vuole tanta nobiltà d'animo, maturità ed equilibrio per essere leader in questo modo. E ci vuole tanta umiltà (amore alla verità, in se stessi prima e negli altri poi). Soltanto sulla base di questa nobiltà, alla luce di tale “ascesi politica”, può diventare interessante giocare il “nuovo gioco dell'indipendenza”, dove tutti giochino da protagonisti, nella semplicità: senza gli artifici che offuscano e appesantiscono l'essenziale.

In parte collegata all'anteriore aspetto, è la nostra litigiosità/invidia/non stima reciproca(anche qui niente di nuovo). Quanti treni ci ha fatto perdere! Puntigliosi, testardi e dispettosi per piccolezze, remissivi e deleganti nelle scelte di ampia portata! Dice la psicologia che a volte evidenziamo stizziti nell'altro i difetti presenti in noi. Una proiezione inconscia dell'insoddisfazione di se stessi. Sarà così anche per noi sardi? Non lo so. Se lo fosse, sarebbe proficuo vedere nei difetti culturali dell'altro/a sardo/a uno stimolo per elaborare i miei, cosciente che tutte le culture hanno punti deboli(non esistono le super-culture). Se ci accettassimo così come siamo, con pazienza e un pizzico d'umorismo per sdrammatizzare, forse riusciremmo ad e elaborare e superare con maggiore serenità..

Passiamo ora ad un dato in se' positivo: eleganza e dignità. Credo fermamente che il popolo sardo si caratterizzi per elegante dignità. Non sempre ne siamo consapevoli; e da lì la latente e deformante tendenza a scimmiottare comportamenti (spesso non i migliori) oltremare. Ma, guarda caso: il camino verso l'indipendenza è questione di eleganza e dignità. Penso a Gandhi, a la sua ferrea signorilità che lasciava razionalmente confusi ed emotivamente attoniti gl' intrusi di Sua Maestà.
Quanto sopra stride con certi reiterativi irrispettosi atteggiamenti, frasi e slogan, a colpi dei quali alcuni vorrebbero far avanzare l'indipendenza. Chi pensa di farla con tali metodi è veramente fuori dal mondo! Urla ed ingiurie(sul Governo italiano, ...)si volgono infeconde e deteriorano la buona causa.

Un'indipendenza picconata da infantili parolacce non verrà mai presa sul serio da nessun/a sardo/a pensante, e da nessun osservatore esterno che voglia prestarle seria considerazione.

La prassi moderna nel cammino indipendente può e deve essere soltanto la “non violenza attiva”(in tutti i suoi aspetti); quella di Gandhi per capirci, di Luther King, di Gesù di Nazareth. Sì: Gesù. Perché la politica è prima di tutto: azione per la persona. L'Uomo di Nazareth è un modello di promozione umana nel condiviso terreno della laicità, anche per chi non ne accolga la scelta di fede.
Ma: attenti! La non violenza, per la sua netta presa di posizione è lama a doppio taglio per chi la professa; se non sei coerente, lo scredito è subitaneo, lampante. A poco serve guarnirsi con frasi del Mahatma, se non immergi cuore, mente e volontà nella mistica non violenta, che include dinamiche totalmente aliene alla politicheria corrente.

Alla prassi non violenta abbinerei l'aspetto culturale nel suo insieme. L'indipendenza è un processo fondamentalmente culturale, al quale va addirittura sottomesso/connesso anche quello economico. Non vogliamo non essere Italia per meri motivi economici (seppure legittimi come concausa) o per astio verso questa Nazione (che va rispettata e apprezzata per le sue molteplici positività), ma, semplicemente, perché siamo una Realtà culturale/storica/etnica altra. Non mettere questi aspetti al primo posto, farebbe dell'indipendentismo un cammino fuorviante, confuso, non chiaro.
Un percorso culturale quindi, che sappia saziare le menti con solidi contenuti; che sappia rendere l'indipendenza un... percorso felicemente motivato. Perché sarà la felicità cosciente il sostegno e al contempo... il prodotto di un processo da farsi non con facce arrabbiate e risentite, ma... a testa alta.

Quanto sopra espresso dovrebbe giocoforza privilegiare l'attenzione all'ambiente della scolarità; dall'asilo ad alcuni spazi universitari, per intenderci. Pur senza privare d'importanza l'impegno su atri fronti, credo – lo reitero – che tale ambito sia da ubicare in corsia preferenziale. Non sto certo insinuando che si debbano indottrinare gli alunni! Ma che sia concesso loro un “diritto” che va al di là dell'argomento in corso: studiare la lingua e la storia del proprio Popolo. Tutto ciò in paritaria coesistenza con le altre materie.

I movimenti indipendentisti dovrebbero prendere molto a cuore tale aspetto, all'unisono. Sì: su questo punto sarebbe cosa buona creare al più presto una proficua collaborazione per fare pressione con tutti i mezzi democratici/civici/non-violenti, ... a disposizione. Per un diritto che va - mi preme riaffermare - al di là della specifica scelta indipendentista.

Proficua collaborazione... si è appena detto. La mente si sposta sulle cosiddette alleanze politiche (o meglio: collaborazione con altre entità partitiche per un preciso – non generico – obiettivo comune). Un aspetto questo che richiede oculatezza estrema, in cui i principi non negoziabili giocano un alto ruolo. L'indipendenza si disperderà in vari rivoli qualora queste (alleanze) siano indebite. Da non confondere alleanza con dialogo. Dialogo con tutti; accordi solo con chi persegue obiettivi compatibili un'indipendenza a tutto tondo, genuina, non annacquata. Escluse a priori quindi, le tendenziose unioni(di potere e non solo) che pretendano coniugare capra e cavoli...tenere i piedi su due staffe: devastanti, deludenti e non oneste.

Bene: mi fermo qui. Sono ben lontano dall'aver detto tutto e in modo esaustivo. Forse, a ben pensarci, non è nemmeno importante stilare liste comportamentali complete, visto che l'essenziale è che tutto sgorghi dal profondo di una “ mistica (laica o non) del servizio”.
                                                                                           Ignazio Cuncu Piano.

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